Arrivai a Santiago del Cile ai primi di novembre del ’97, unica prenotazione dall’Italia all’hotel Montebianco, due giorni all’arrivo e due al ritorno. Stranamente scelsi il quartiere bene di Las Condes, grattacieli e ristoranti alla moda, piatti di carne (chorizo, lomo di cordero e guanaco, che non ebbi mai il coraggio di assaggiare) e pesce (locos, paila e chupa di mariscos) en abundancia. Ebbi subito la strana impressione di non trovarmi in Sudamerica, impressione che si rafforzò durante il viaggio: paese ordinato, pulito, organizzato, treni, pullman, aerei in orario. Ci sta, pensai, il Cile è l’unico paese sudamericano ad avere una lunga tradizione democratica, rotta solo dal criminale Pinochet: il Palazzo de la Moneda era a circa sei chilometri di distanza dall’hotel e 24 anni da quell’11 settembre del 1973 quando il golpe di Pinochet soffocò nel sangue il governo del socialista Allende democraticamente eletto.
Avevo un certo timore a parlarne, e in quel mese scoprii che i cileni preferivano non parlarne più di me. Sapevo che Pinochet era ancora vivo, ma non sapevo che ricoprisse ancora ruoli pubblici, lo immaginavo alla gogna o in esilio, ed invece era ancora comandante in capo dell’esercito. In quel mese della primavera australe cadde anche il suo compleanno, e i giornali e i media ne parlarono con un certo ossequio. Insomma, con mia sorpresa il criminale Pinochet era ancora in sella, nonostante fossero ormai note a tutto il mondo le efferatezze compiute contro gli avversari politici e tanti semplici cittadini, e la cosa mi spiazzò, com’era possibile?
Già nel 1975 la commissione d’inchiesta Usa presieduta dal senatore Frank Church cominciò a desecretare documenti top-secret che inchiodarono le due anime nere Nixon e Kissinger con la CIA e le amiche multinazionali (ITT su tutte) alle loro responsabilità. Emerse il piano Camelot di spionaggio in paesi stranieri tra cui appunto il Cile, il piano Condor di instaurazione di regimi dittatoriali in Sudamerica, il finanziamento di azioni finalizzate ad ostacolare l’insediarsi di governi non graditi. Gli Usa non potevano vedere restringersi ulteriormente il loro cortile di casa e il loro prestigio. Nel ’59 avevano già perso Cuba, passata ai comunisti di Castro, e nel ’65 avevano dovuto invadere militarmente Santo Domingo: fallirono l’assalto alla baia dei Porci e si erano impantanati in Vietnam, per cui dovevano muoversi con cautela, attraverso “azioni clandestine” controllate dal Comitato dei Quaranta, presieduto da Kissinger, che si preoccupò in ogni modo di impedire l’elezione di Allende, e poi di farlo fallire.
Allende era il nemico n. 1 perché stava realizzando quello che non aveva fatto ancora nessuno, ovvero insediare un governo socialista non per via militare ma democratica, e avrebbe potuto avere emulazioni anche in democrazie europee dove i partiti di sinistra stavano avendo successo, in primis Italia e Francia. Per gli Usa era intollerabile, ancora di più in clima di guerra fredda. Già quando Allende fu eletto (1970), gli Usa si prodigarono per un colpo di stato immediato, ma sia il presidente uscente Eduardo Frei che il capo in carica dell’esercito René Schneider rifiutarono dichiarando fedeltà alla costituzione. Schneider fu assassinato pochi giorni dopo: il pacifico e democratico Cile, non avvezzo a questi sistemi, ebbe un aperitivo a firma CIA.
L’11 settembre del 1973, dopo nemmeno tre anni di governo, l’epilogo: i carri armati entrano in Valparaiso e i jet caccia sorvolano Santiago e bombardano la Moneda. Il Presidente Allende ci uscirà cadavere, probabilmente suicida. Gli artigli del puma Pinochet per 16 anni strazieranno pelle ed organi di migliaia di sospettati, torturati, desaparecidos. Dagli Usa, oltre al ritorno di dollari, contratti commerciali, forniture di beni, multinazionali, arriveranno anche i cosiddetti Chicago Boys, gli economisti ultraliberisti di M. Friedman che useranno il Cile come banco di prova. Reagan e la Thatcher sono lontani solo un decennio, gli effetti devastanti dell’ultraliberismo sono evidenti ancora oggi.
Un anno dopo il golpe di Pinochet, il presidente americano Nixon fu costretto alle dimissioni per lo scandalo Watergate. La sua smania di azioni coperte stavolta era per spiare i suoi avversari politici americani. I Presidenti Ford e Clinton e il segretario di stato Colin Powell riconosceranno le responsabilità americane nelle vicende cilene. Kissinger, potere del potere, proprio nel 1973 ottenne il Nobel per la pace. Pinochet fu arrestato a Londra nell’ottobre del ’98, un anno dopo la mia sortita cilena, ma fu liberato “per compassione”. I suoi legali sostennero che non stava bene ed era ormai preda di demenza senile, e tornò in Cile dove morì nel 2006 nel suo letto.
Allende sopravvive in chi ha speranza di costruire una società più giusta e solidale. Avrebbe potuto tentare di salvarsi la vita accettando il volo all’estero offerto dal generale Pinochet, ma quasi sicuramente quell’aereo sarebbe esploso in volo. Non è fantascienza, è successo anche recentemente al prode Prighozin, mai atterrato in Bielorussia per essersi fidato di Putin. I dittatori sono come lo scorpione della favola con la rana, la loro natura è letale, inutile cercarci qualcosa di buono.