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Dopo i mesi di sospensione delle attività dovuta al lockdown apre il 9 luglio (dalle 16 alle 20) la mostra di Daniel Buren nella Sale delle Capriate del Palazzo della Ragione in Città Alta a Bergamo, sede estiva della GAMeC per il terzo anno consecutivo. La mostra (ingresso gratuito) sarà visitabile fino all’1 novembre, nei seguenti orari: martedì-venerdì (16/20); sabato e domenica (10/22).



La presentazione di un nuovo, importante progetto espositivo di respiro internazionale all’interno di un luogo simbolo della città italiana maggiormente colpita dalla recente pandemia assume oggi una forte valenza simbolica, come segno di rinascita, oltre a portare con sé un connaturato valore artistico e di ricerca.

Esponente di spicco dell’Institutional Critique – la tendenza all’interrogazione critica delle istituzioni artistiche emersa intorno alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso – Daniel Buren ha utilizzato per la prima volta nel 1965, come supporto per la propria pittura ridotta al grado 0, una tenda da sole, il cui motivo a bande verticali bianche e colorate di 8.7 cm è divenuto, da quel momento in avanti, un dispositivo visivo utilizzato dall’artista in tutti i propri lavori, dalle mostre alle commissioni pubbliche.
Illuminare lo spazio, lavori in situ e situati nasce dall’incontro tra questi fondamentali orientamenti della ricerca dell’artista e l’interesse più recente per la luce, e in particolare per le qualità e il potenziale estetico e costruttivo della fibra ottica.



Nel suggestivo contesto della Sala delle Capriate, gioiello medievale riedificato nel XVI secolo, i tessuti luminosi di Buren – presentati per la prima volta in un museo italiano – ridefiniscono gli ambienti storicamente destinati all’amministrazione e all’esercizio della giustizia cittadina, gettando “nuova luce” sulle antiche forme del Palazzo e sugli affreschi in esso conservati, staccati dalle facciate delle case e dalle chiese dell’antico borgo urbano e qui collocati negli anni Ottanta del Novecento.

Dall’incontro tra un gruppo di interventi “in situ”, immaginati appositamente per lo spazio della sala, e una serie di lavori “situati”, adattati cioè agli spazi del grande salone ma idealmente trasferibili in altri contesti, nasce il progetto di Buren per la città di Bergamo, che per la prima volta apre le porte al pensiero e alla creatività del celebre artista francese affidandogli la rilettura di uno dei suoi luoghi storici più rappresentativi.

Quello di Buren è un lavoro “per” e “nello” spazio, un unicum scultoreo con un forte connotato plastico, indipendente e anti-decorativo, e, allo stesso tempo, con una predisposizione all’interpretazione e alla valorizzazione degli elementi artistici e architettonici preesistenti.



teli in fibra luminosa sono l’esito ultimo della ricerca di Buren, la parte recente e aggiornata di un percorso creativo originale e celebrato. Essi non rappresentano soltanto l’evoluzione tecnologica di concetti e principi compositivi consolidati, ma costituiscono, a tutti gli effetti, una nuova condizione costruttiva, un nuovo modo di esistere nello spazio, in ragione delle loro peculiari qualità intrinseche, del loro essere portatori interni di sostanza raggiante e, allo stesso tempo, fonte di luce per gli ambienti.

Dopo essere state presentate all’interno di alcune importanti gallerie e musei, le fibre ottiche di Buren si trovano in questa occasione a vivere per la prima volta una nuova dimensione spaziale e un inedito dialogo con un contesto storico di grande valore.

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