Succede nei sogni. Ci si sveglia e, passati pochi secondi, la mente si resetta e ammette sconsolata (qualche volta, rassicurata per averla scampata bella): peccato, era solo un sogno. È successo ai Bergamaschi, soprattutto ai residenti in città. In questi giorni. Ma è successo l’esatto contrario. Non credevano ai propri occhi. Da svegli. Tanto da essere assaliti dal dubbio shakespeariano: sogno o son desto? Anche qui, pochi anzi pochissimi secondi per realizzare la realtà dello stato delle cose e prendere atto dell’assurdità di quanto gli si parava davanti. Così come se niente fosse, in piena città alta, luogo di elezione e di “beatitudine” artistica per tutti noi, in uno degli scorci più suggestivi e più frequentati (per essere una sorta di immaginario confine tra la sottostante distesa della città bassa e della pianura, e il borgo medievale dentro le mura).
Parliamo di Porta San Giacomo, forse l’ingresso più scenografico e ufficiale per tutti coloro (turisti soprattutto) che amano arrivare in Piazza Vecchia a piedi. Per mesi, durante i lavori in corso, nessuno, tanto meno la stampa locale, ha detto niente. Ma già si capiva che l’eliminazione del vecchio acciottolato e gradini per facilitare l’accesso alle persone con disabilità con uno “scivolo” piano, avrebbe compromesso l’armonia architettonica dell’intero complesso monumentale. Tante persone che vi transitavano quotidianamente per ragioni di svago o di necessità, già a inizio cantiere rimanevano non poco perplesse e incredule. Domandavano agli operai e alle maestranze chiarimenti su tale imprevedibile “manutenzione“. Ma alla fine è stata la classica goccia (per la verità molto pesante, trattandosi di un’inferriata) a far traboccare il vaso delle polemiche, delle proteste e, soprattutto, del ridicolo (come si evince dalle nostre fotografie).
Una vistosissima, invadentissima ringhiera di ferro (proprio come le case di ringhiera o, peggio, le cancellate carcerarie) si innalza appena varcata (per chi viene dal centro città) la Porta San Giacomo, a delimitare il passaggio pedonale dalla strada delle mura. Lo scopo però era stato raggiunto: consentire anche a chi non è normodotato di arrivare fin lì senza problemi. Si fa per dire. Anche perché subito dopo si presentano una infinità di ulteriori barriere architettoniche insormontabili. Ma c’è voluta prima una intelligente, decisa ancorché educata, lettera a l’Eco di Bergamo dello scultore e pittore Mario Donizetti per richiamare l’attenzione di “chi di dovere” che la soluzione risultava sicuramente peggiore del problema. Soprattutto che l’intera città alta (come ovviamente tutte le urbanizzazioni medievali della nostra Bella Italia) andrebbero rivoltate come un calzino (alias “distrutte”) se volessimo renderle accessibili a tutti senza “inciampi“.
È seguito poi l’intervento competente e sarcastico (anche per implicite ragioni politiche visto che il tronista non è solo critico d’arte) di Vittorio Sgarbi. Da ultime le “sceneggiate” di anonimi residenti o cittadini che hanno sfruttato al meglio delle sue potenzialità la neonata ringhiera San Giacomo: foto docet. Due considerazioni. Prima: dov’era la Soprintendenza alle belle arti. Ha approvato si attesta in ambienti comunali. Bene. Delle due l’una: o l’autorità artistica è orba, o non ha fatto il sopralluogo. Perché è semplicemente inconcepibile che città alta venga deturpata, seppur in uno spazio ristettto (ma è pur vero che nella grande bellezza e nell’arte vera, sono proprio i DETTAGLI che contano) in maniera così evidente, invadente e per di più di cattivo gusto. Seconda: l’Amministrazione Comunale che tanto si è vantata e messa in mostra (non certo per meriti propri, bensì per l’eccellenza dei manufatti) per le mura venete divenute patrimonio dell’UNESCO, ha dimostrato totale inconsapevolezza e incompetenza nel dare soluzione sbagliata a un problema vero, o parzialmente vero. Insomma la pezza è peggiore, molto peggiore del buco. Non sempre il fine giustifica i mezzi! Almeno, si spera, nella bellezza artistica e paesaggistica. Che contribuisce al benessere mentale e spirituale di chi la vive e ne fruisce. Disabili compresi.
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