Da diversi mesi in Italia c’è una nuova liturgia televisiva fatta dalla puntuale rendicontazione numerica e grafica dell’andamento dell’epidemia legata al Covid19 che trascina con sé, non solo le conseguenze di carattere giuridico descritte nei numerosi DPCM, ma, soprattutto, genera una serie di infiniti reazioni psicologhe ed emotive nelle persone. Giorno dopo giorno, negli animi dei cittadini, si verificano cosi vere e proprie lotte emozionali in cui le sensazioni solari vengono contrastate da quelle più cupe ingaggiando una sorta di battaglia che, lo stile narrativo della retorica cortese, ha raccontato ricorrendo alla metafora del giorno e della notte.
Arriva così in questa turbolenza e proprio a noi bergamaschi una grande opportunità rappresentata da una pièce teatrale intitolata “Partage de Midi – crisi di mezzogiorno” di Paul Claudel che verrà messa in scena giovedì 22 ottobre (ore 21) all’auditorium di Piazza della Libertà dal Festival Teatrale Desidera. A partire da un episodio autobiografico, Claudel scrive questa opera nel 1905, per poi rimaneggiarla alla fine degli anni’40. Si tratta di una pièce notissima in Francia e racconta la vicenda del diplomatico Mesa e del suo amore impossibile per la bella Ysé, moglie del commerciante fallito De Ciz e a sua volta sedotta dall’avventuriero Amalric.
Siamo nel momento di crisi e di svolta delle vite di ciascuno dei personaggi. In una complessa scacchiera sentimentale, attraversata da potenti forze esistenziali, ognuno deve fare le proprie mosse: sono traiettorie di profonda necessità, sulle quali agiscono pulsioni umane e aspirazioni assolute, in un tempo sospeso tra il viaggio e il turbolento ambiente coloniale.
Proprio quest’opera può essere un grande aiuto donato ad ognuno di noi per imparare ad affrontare questo momento storico di prova proprio perché la sensazione più diffusa, dialogando anche con tante persone, è quello che si stia vivendo come sospesi su un vuoto in balia dell’incertezza. Il lungo viaggio raccontato nell’opera ha come destinazione la scoperta della propria identità tracciando un percorso relazionale che porterà dall’amore inteso come Eros a quello come Agapè.
E’ propria questa la sfida che attende ognuno di noi in questo drammatico periodo; capire che stiamo vivendo un viaggio tutti sullo stesso transatlantico (utilizzando per analogia il mezzo su cui viaggiano i protagonisti della pièce) in cui, i vari report epidemiologici, sono strumenti utili (proprio come i bollettini di navigazione) ma non definiscono la destinazione. Il simbolo dello spettacolo teatrale è un grande sole luminoso che si staglia sulla scena e l’augurio che faccio è che ognuno di noi, in questo viaggio, possa trovare i suoi spunti di luce come lo è per me questa pièce.