“Banzai! O la va o la spacca!”. E’ il grido di guerra di Alfredo Cacciola (31 anni, funzionario all’Agenzia delle Entrate di Varese, siciliano d’origine) quando ha visto la combinazione magica contro il numero uno d’Italia, il GM Daniyyl Dvirnyy.
L’idolo degli amatori
Certo, Cacciola si è poi scusato pubblicamente di quella vampata di eccitazione emotiva. “Ma – dice lui, comprensibilmente – quando mai capita ad uno scacchista normale di avere il colpo vincente con un giocatore che ti supera di quasi 400 punti Elo”. Quella partita, aggiunta al successo con Duilio Collutiis (IM) e il pareggio con Marina Brunello (WGM), ha permesso a Cacciola di guadagnare il titolo di Maestro. “Una soddisfazione che mi sono tolto. Manca solo l’ufficialità della richiesta alla Federazione”. E’ stata la sorpresa del Torneo Internazionale di Bergamo confezionato da GianVittorio Perico e Yury Garrett e vinto da Francesco Rambaldi. Alfredo Cacciola è diventato un po’ l’idolo degli amatori: il suo nome è al quinto posto in classifica generale e prima di lui sono tutti GM. Il sogno di qualsiasi scacchista adulto non professionista dove gli scacchi rappresentano sì un importante passatempo da gestire però fra impegni familiari e professionali. Un’ottima performance che Cacciola spiega con variato approccio agli scacchi e una ferrea convinzione nelle proprie idee strategiche.
Un successo inaspettato
“Non me l’aspettavo – precisa – ma dentro di me sapevo che avevo delle potenzialità da poter esprimere. Ho la fortuna di far parte di un team di amici titolati (Emiliano Aranovitch, Renzo Mantovani, Alec Salvetti) dove sistematicamente, tutte le settimane, analizziamo e approfondiamo posizioni. Vede, questi meeting mi aiutano a rafforzare la mia visione di gioco. Inoltre, gioco di più a livello agonistico e studio di meno, invertendo una consuetudine che portavo avanti fino a sei mesi fa”. Adesso Alfredo Cacciola ogni giorno si fa due orette di gioco lampo, affina le sue idee soprattutto sulle partite perse e scelte di affrontare avversari più titolati investendo in varianti dinamiche, a campo aperto. “Se uno vuole battermi deve assumersi dei rischi – continua Cacciola – Detesto le partite chiuse, posizionali, giocate a colpi di fioretto. Mi piace il gioco maschio, aggressivo, da lotta greco-romana. Non a caso adoro il Dragone e l’esplosione tattica che lo accompagna”.
Sotto l’occhio del metal detector
I punti guadagnati a Bergamo non sono sfuggiti all’occhio attento dell’anti-cheating. “Sono stato analizzato al metal detector – spiega – esattamente durante l’incontro con Dvirnyy per le mie continue sortite in bagno dovute ad un accumulo di tensione che dovevo smaltire con sciacqui d’acqua fredda in faccia. Ma con la massima trasparenza e il sorriso sulle labbra sono stato a disposizione degli arbitri. Non avevo nulla da eccepire ai doverosi controlli”. Adesso Cacciola guarda avanti. Non esclude margini di miglioramento. Quello di Bergamo è stato un passo importante, una tappa nella sua evoluzione scacchistica che trova sempre sostegno nell’esempio “nostalgico” di Garry Kasparov. “Uno scacchista che fiutava la posizione prima ancora di analizzarla. Ancora oggi, se devo divertirmi nel vedere una partita di scacchi preferisco osservare Kasparov. A grandi livelli (e lo comprendo viste la posta in gioco) raramente vedo lo spirito “bestiale” di Kasparov”.
Consigli per gli acquisti
Infine, un consiglio pratico agli scacchisti che vogliono migliorare: “Un approccio non troppo schematico nella preparazione, molto spirito agonistico, ottima gestione del tempo, capire le idee base delle aperture, prediligere un approccio dinamico e non guardare l’Elo del proprio avversario. Quello che faccio io e di tentare di portare le partite su posizioni molto complesse e dove c’è tanto da calcolare. In poche parole: vince chi commette il penultimo errore”. Dalla pratica alla teoria. “Chia ha tempo – conclude – farebbe bene a riflettere sul libro “La rivoluzione scacchistica degli anni 70”. Non c’è bisogno di chiedergli l’autore. (Bruno Silini)