Nel volume Dictionnaire des injures littéraire (L’ Éditéur, pagg. 730, 29 euro) lo scrittore francese Pierre Chalmin propone una gustosa antologia di ingiurie letterarie spesso tanto lapidarie quanto efficaci. Eccone alcune:
Savador Dalí su Louis Aragon: “Così tanto arrivismo per arrivare a così poco”.
Matthieu Galay su William Burroughs: “il Buster Keaton dei paradisi artificiali”.
Nabokov su Conrad: “Non sopporto lo stile da negozio di souvenir, le navi in bottiglia e le collane di conchiglie dei suoi cliché romantici“.
Angelo Rinaldi su Milan Kundera: “Si è illuminato nell’esilio per spegnersi nella Ville Lumière. (…) E’ un artista che abbiamo accolto e festeggiato, ma si è trasformato in un intellettuale parigino“.
Paul Claudel su André Gide: “La moralità pubblica ci guadagna molto e la letteratura non ci perde tanto“.
Jules Renard su George Sand: “La vacca bretone della letteratura“.
Céline su Françoise Sagan: “Un fenomeno pubblicitario! Una servetta degenerata! Non ha cosce. Guardatene l’anatomia! Da un punto di vista medico, vale appena cinque su venti!”.
Walter Benjamin su Baudelaire: “Riunisce in sé la povertà dello straccivendolo, il sarcasmo del mendicante e la disperazione del parassita”.
Pascal su Cartesio: “Inutile e incerto“.
Léon Bloy su Arthur Rimbaud: “Un bambino che piscia contro l’Himalaya”.
Julien Green su Marguerite Yourcenar: “Una Sagan dell’antichità, un piedistallo senza la statua… quello che si scambia per marmo non è altro che strutto”.
Virginia Woolf su James Joyce: “L’Ulisse mi pare un libro rozzo e volgare”.
William Faulkner su Ernest Hemingway: “Non è mai stato famoso per aver scritto anche solo una parola che obblighi il lettore a consultare un dizionario”.
Jules Renard su Stéphane Mallarmé: “Intraducibile, perfino in francese”.
Voltaire su La Fontaine: “Il suo carattere era talmente semplice che nelle conversazioni non si mostrava mai al di sopra degli animali che faceva parlare”.
Matthieu Galey su Roland Barthes: “Il fallimento più riuscito della sua generazione”.
Karen Blixen su Charles Dickens: “Secondo me è noioso da morire”.
Jorge Luis Borges su Oscar Wilde: “Un signore tutto votato al misero progetto di stupire con le sue cravatte e le sue metafore”.