“Quel che il sogno rivela è l’ombra della saggezza esistente nell’uomo” dice il medico rinascimentale Paracelso, essendo il sogno il modo per avvicinarsi alla verità altrimenti indicibile.
Sull’interpretazione del sogno (oneiròs) costruì un trattato oceanico Artemidoro (II secolo d. C). Il sogno unisce passato e futuro, arte di divinazione e lavoro di riflessione su di sé. Il trattato non era un manuale per decodificare il sogno. Nell’idea di universo coeso tutto si lega e si corrisponde pur essendo ogni caso particolare e singolo. Parlare di sogni significa uscire dalla gabbia di un tempo lineare dove il presente è separato dal passato e segue, oppure è davanti al futuro che gli succede. Il sogno rende compresenti passato e futuro, li rilegge e va oltre il tempo. Il sogno abbraccia le varie temporalità. Ci dice in un colpo solo ciò che è fu e sarà.
Aristotele parlò in più occasioni del sogno. La sua riflessione, poco praticata dai filosofi, mette insieme l’aspetto della natura e il divino, quello manifesto e il misterico. Parlava di chi sogna come di uno che riceve. Non si è attivi nel sogno. Il sogno non si domina ma si subisce. Noi diciamo “fare il sogno”, Aristotele diceva che il sogno si vede (eidèin), arriva da sé. Per lui il nous (intelletto) non è riducibile a discorso; è sì lavoro intellettuale ma anche intuizione, non tanto sillogismo quanto illuminazione. Il nous per Aristotele entra dalla porta, lo riceviamo da fuori, attraverso i sensi. Averroè avrebbe parlato di intelletto comune, che tutti condividiamo e che permette di intenderci.
Per la medicina ippocratica il sogno divenne strumento atto a comprendere le armonie e disarmonie del corpo. Nella notte, quando tutto tace, i sensi si affinano. La capacità di percepire si acuisce, si avvertono i minimi movimenti. Il sogno rivela e diventa strumento di guarigione. Nel sogno la verità appare, illumina i bisogni e il nostro stato interiore.
Penelope (Odissea XIX) raccontava al mendicante, che mascherava Ulisse, il sogno che l’aveva turbata. Le preannunciava il ritorno cruento dello sposo. Il mendicante la rassicurò: “per loro natura i sogni sono inesplicabili, né ogni cosa si avvera. Aprono due porte, una di corno per arcane verità, l’altra di avorio per le verità che illudono”. Il sogno può far volare o sprofondare.
Nei misteri eleusini si incanalava il sogno secondo pratiche ritualizzate, così rendendolo meno ambiguo e rischioso. Il questuante ne riceveva il senso. Alla stessa stregua del teatro (theatron) dove lo spettatore affondava nel buio e la scena si accendeva sulla quotidianità.
Gli scavi archeologico hanno rivelato che già nella Creta del III millennio a.C. antri e caverne erano luoghi di protezione e sostegno dell’uomo debilitato. Con l’aiuto di sciamani e veggenti poteva avere una nuova visione e coscienza di sè.
Il lavoro del filosofo antico era una sorte di incubazione o discesa in basso per costruire, un negare per affermare, indietreggiare per prendere la rincorsa verso la verità. A Velia, patria di Parmenide, gli scavi di Sestieri e Napoli del 1958 hanno rivelato la presenza di un culto ad Apollo Oulis venerato come distruttore in quanto guaritore. Si entrava nella caverna come in altra dimensione rispetto al vivere ordinario. La cura era comunicare con il dio, curarsi del dio.
Un’iscrizione rinvenuta vicino faceva riferimento al guaritore come pholarchòs, signore del rifugio. Alla stregua dell’animale che si rifugia nella tana per il letargo, le persone bisognose e deboli riparavano nel luogo sacro e con l’aiuto del custode guaritore si lasciavano contagiare e penetrare dal dio.
Parmenide ribadisce la funzione terapeutica della filosofia che è imparare affidandosi e lasciandosi condurre. La strada alla verità è una rivelazione progressiva. Non arriva per conoscenza astratta ma sperimentando e facendo tesoro del vivere. All’inizio del poema Parmenide parla di sé portato sul carro trainato da giumente e condotto dalle Figlie del Sole, per i sentieri della Notte e del Giorno, fino alla porta custodita dalla Giustizia. “E la dea accolse e la mia mano prese e cominciò: ragazzo (kouros) compagno di guide immortali, rallegrati. Non sorte infausta ti ha condotto fuori da vie battute qui, per tutto apprendere, e il cuore della verità ben tonda e opinione del mortale in cui non c’è certezza.” Si arriva alla “verità tonda” attraverso l’esperienza, sensazioni, emozioni e anche opinioni. Non si resta nel dubbio che paralizza. Dall’opinione si passa a distinguere e quindi comprendere
(Claudia Bracchi a Noesis 2022. Sintesi della lezione dal titolo Arcane verità del sogno all’Auditorium Mascheroni del 13 dicembre 2022)