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Criticare un “potente” si può. Anche in termini forti, senza giri di parole, perché la libertà di critica e di opinione, tutelate dalla Costituzione, vengono prima della suscettibilità di chi riveste un ruolo pubblico. Per i giudici della Corte d’appello di Brescia le critiche, certo senza sconti e con parole dure, che tra gennaio e maggio del 2021 io rivolsi in diversi post su Facebook a Giovanni Sanga, impegnato ad occupare contemporaneamente la poltrona di presidente dell’aeroporto e lo scranno di deputato (essendo subentrato a Maurizio Martina) non erano offese. Erano legittimo esercizio del diritto di critica rispetto a chi riteneva non fosse incompatibile per legge, come invece era per cui fu costretto a scegliere Orio, mantenere i due incarichi.

Leggete questa storia, vi sarà utile per capire che cosa sia la libertà di stampa a cui troppo spesso i giornalisti rinunciano da se’. Perché forse non tutti sanno che Sanga a maggio 2021 mi querelò, sentendosi offeso nell’onore. In tempi da record (un mese) un gip firmò un decreto penale di condanna per diffamazione (mille euro di multa), che mi fu recapitato un anno dopo. Feci ricorso, perché ritenevo che non vi fosse alcuna diffamazione, ma ad ottobre in sede di udienza preliminare, con rito abbreviato, fui condannato in sede penale ad una multa di 800 euro ma soprattutto fu quantificato in 15 mila euro (15 mila euro, si badi), a fronte di un’assurda richiesta di 50 mila (50 mila!!!), il risarcimento danni. Che, bontà sua, il presidente Sacbo confidò ad un comune amico di voler devolvere in beneficenza (molto commendevole con il portafogli altrui).

È stata una botta terribile, su cui qualcuno ha anche cercato di speculare vergognosamente. Ma chi crede nella giustizia non si ferma. E va avanti, confidando nei giudici dell’appello. Ieri, 11 luglio, la Corte d’appello di Brescia ha accolto il ricorso presentato per mio conto dall’avvocato Roberto Trussardi, che mi ha assistito con grande passione e impegno in una battaglia che andava al di là di una mera causa penale.

Assolto perché “il fatto non costituisce reato”. Formula piena che significa, in attesa di leggere le motivazioni di cui darò puntualmente conto, che non sono un diffamatore, che sono una persona perbene, che esercita fino in fondo e senza riverenza alcuna nei confronti dei politici il suo diritto di opinione, la libertà di stampa. Quel doppio incarico era incompatibile. Fui tra i pochissimi a sollevare il caso. E fui costretto a scrivere diversi post perché Sanga andava accampando motivazioni varie per evitare di fare la scelta che poi fu costretto a compiere.

Avrebbe potuto replicare in mille modi alle osservazioni, tanto più con un cronista che conosce da trent’anni. Ha preferito, cosa di per sè legittima, la strada della querela, però dall’innegabile retrogusto intimidatorio (con quella richiesta di risarcimento danni, poi). Gli è andata male. Il suo onore non è stato offeso né pregiudicato (e pazienza se per difendere me stesso e un principio ho dovuto avvalermi di un avvocato con i relativi, sacrosanti, costi). Lo hanno stabilito i giudici, non io. La poltrona di presidente Sacbo recentemente gli è stata confermata per altri tre anni. Può accontentarsi e se davvero vuol fare beneficenza devolva lui a chi vuole i 15 mila euro che pretendeva da me (intanto ne deve spendere circa 10 mila fra avvocato e spese processuali).

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