In tempo di ferie estive chi non si può permettere faraoniche mete esotiche da sbandierare fra i colleghi in ufficio, si accontenta delle Olimpiadi di Parigi, seduto sul divano in compagnia di una birra fresca. E nel ventaglio di discipline sportive che i media ci offrono viene da soffermarsi sul beach volley femminile.
Si perché nel visionare la sfida Italia – Egitto l’occhio non può certo fare a meno di notare l’abbigliamento retrò delle atlete egiziane: copricapo, maglietta e leggings. Mentre le atlete azzurre sono in costume da spiaggia, come vorrebbe tale sport, le colleghe egiziane sono compoletamente bardate.
Che dire? Da tempo ne sentiamo di ogni sul multiculturalismo e la libertà individuale delle donne, tanto da far sembrare il nostro paese, secondo alcuni eminenti osservatori, affetto da ostracismo verso questi temi. Beh, direi che se ci guardiamo in giro non siamo messi male. La partita di beach volley ce lo dimostra. Nonostante questo abbiamo al nostro interno movimenti socio-culturali (così almeno si definiscono) che cercano di strumentalizzare ogni fatto (come i fatti nella Striscia di Gaza) per inneggiare a una fantomatica parità culturale che nella realtà dei fatti è impraticabile).
Non si può fare un minestrone globale di culture millenarie diverse, e cosa più importante, il nostro modo di vivere occidentale deve essere difeso. Basta vedere una partita di beach volley per capire l’enorme differenza culturale (ma anche di qualità della vita) che sta fra noi e loro. Si, avete letto giusto, noi e loro. Perché non siamo tutti uguali. Non lo saremo mai. È scritto nella Storia.