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Ci voleva la Rai. Si, ci voleva la Rai a dare un esempio emblematico ancorché inusuale – data la spocchia trombonistica dell’intrattenimento socialmediatico dove chi più urla e spara volgarità più (crede) di farsi notare – di compostezza e anche di raffinatezza. Una dimostrazione ultra convincente e professionale finalmente di come si possa rendere omaggio a un evento drammatico quanto luttuoso senza mai cadere nel banale o, ancor peggio, nel retorico. Ci riferiamo a domenica 21 febbraio quando nell’ora di massimo ascolto, dopo il TG 1, è andata in onda una curata performance musicale per ricordare il primo anniversario dello scoppio in Italia della pandemia da coronavirus.

In meno di 5 minuti (la cosa ha davvero dell’incredibile se pensiamo che lo show catodico solitamente sovrabbonda di parole, gesti, storytelling all’insegna della ripetitività condita di fronzoli e luoghi comuni triti e ritriti) in meno di 5 minuti, dicevamo, un “piccolo” format televisivo è riuscito a cogliere nel segno il significato più intenso e profondo di un ricordo, di un dolore.
Una canzone, un cantante, pochi strumenti. Tutto nella cornice storica di Piazza Vecchia, già di per sé insuperabile e ineguagliabile scenografia naturale, avvolta nel buio complice e quasi primaverile della solitudine urbana e desertica in tempi di Covid.

Niente parole. Finalmente. Niente presentatori. Finalmente. Niente ringraziamenti. Finalmente. A chi poi? È sufficiente la musica. Che come il silenzio (suo opposto) esprime più di mille parole e mille discorsi. Ancora una volta la musica manifesta in pieno tutto il suo potenziale emotivo e catartico capace di trasformarsi in complice medicina. O terapia. Musicoterapia, appunto.
Interprete espressivo Marco Mengoni che con la sola presenza (austera) e soprattutto una vocalità suadente, penetrante, densa di sfumature emotive è riuscito a riproporre “L’anno che verrà” (capolavoro musicale ma anche poetico di Lucio Dalla) con sapienza comunicativa e introspezione.

Ottimi i musicisti Giovanni Pallotti basso synth e direzione musicale, Nicola Peruch pianoforte, Daniele Parziani violino, Giulia Monti violoncello, Caterina Coco violino.

Quanta distanza con gli inutili slogan “andrà tutto bene” e striscioni vari in omaggio (rivelatisi, fra l’altro, fallaci e fallosi quanto gli oroscopi) e soprattutto quanta distanza dalle cerimonie cimiteriali con tanto di passerelle politiche – e non solo – e inutili prosopopee verbali. Grazie Rai. Davvero merce rara. La Bergamo seria, coerente e rispettosa delle regole (e delle leggi) ringrazia. Una volta tanto, o forse una volta di più, il servizio pubblico ha assolto tutto il suo compito fino in fondo. A volte bastano 5 minuti. Come in questo caso, per ricordare il dolore di Bergamo. Ci fa piacere sia stato proprio a Bergamo.