È ormai assodato che la DAD (didattica a distanza) non è il meglio che si possa avere come modalità di apprendimento. Troppe variabili, troppe differenze socio-economiche tra famiglie fanno aumentare il divario dei futuri lavoratori di domani. Se può essere giustificata per gli indirizzi umanistici per i quali non è necessario una capacità cognitiva elevata, ma solo buona volontà di digerire grandi quantità di pagine, il discorso non vale per le scuole con indirizzi tecnici.
Per esempio le lezioni negli Itis, negli Ipia, negli istituti alberghieri non possono essere fatte in DAD. A pagarne le conseguenze, tra qualche anno, saranno gli attuali studenti (nonché futuri lavoratori) i quali avranno carenze formative evidenti che si ripercuoteranno sulle loro carriere professionali e di conseguenza la possibilità di farsi una famiglia in tempi ragionevoli sarà messa seriamente in discussione.
Inoltre, un’ulteriore esasperazione delle differenze per un diritto costituzionale (quello dello studio) che dovrebbe evitarle, si manifesterà tra studenti che possiedono un’attività in famiglia (artigiani, ristoratori, liberi professionisti etc) i quali, rispetto ai compagni figli di operai, potrebbero fare pratica a casa nonostante la mancata frequentazione dei laboratori scolastici. In questo modo il divario fra diseguali diventerebbe una voragine nel lungo periodo. Chi ha il laboratorio artigiano in casa avrà una carta in più. Chi, invece, ha appreso solo online a fare torte Sacher potrà attendere in camera per un posto di lavoro logorandosi i pollici alla play station. E questo sarebbe uno stato di diritto?
E per finire avremo la desertificazione economica del dopo Covid. Molte imprese saranno falciate, la domanda interna non sarà più quella di prima e di conseguenza i salari si abbasseranno. In definitiva il gap tecnico di una massa di studenti rispetto ad altri, per ovvi motivi legati alle possibilità economiche familiari di origine, sarà un dramma che l’attuale governo ha il dovere di prevenire. Ma sembra che che i problemi in Parlamento siano altri.