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Tendenza alla superficialità o come dice Seneca (Lettere a Lucilio) limitato esercizio di intelligenza degli uomini nella vita quotidiana. Questo serve ai vari manipolatori della pubblica opinione. Longanesi in un aforismo diceva: “uno stupido è storia, due sono sempre storia, diecimila sono una forza storica”. E lo vediamo nei social quanto influiscono, orientano, spingono pur in cose irrilevanti. Si credeva nella forza del progresso. Anzi si affermava con tanto di prove: ogni dieci anni la nostra intelligenza avanza, uomini sempre più intelligenti. Ma è sempre vero nella nostra società complessa? noi oggi costretti a immaginare una vita diversa, cosa che per i nostri nonni non si poneva.

Recentemente nel Nord Europa si è accertato invece che una certa intelligenza decresce in seguito all’uso di internet. Troppo informati poco consapevoli. Eppure a contatto con i nuovi oggetti meccanici prima ed ora informatici le nostre capacità cognitive ne hanno guadagnato. Si sono moltiplicate le possibilità di relazione e coordinazione, si sono abbreviati i tempi di decisione. Rimaniamo però sorpresi da certi eventi o scelte della pubblica opinione: la Brexit di ieri, l’elezione di Trump di oggi. Come sono stati possibili? Si è parlato di scelte manovrate, voti spostati, opinioni manipolate.

Il fatto è che la verità, dice il sociologo americano E. A. Ross, non è l’unico fattore in gioco. Noi abbiamo a che fare con una natura in cui la componente emotiva (deep speech) è determinante. Pensiamo da cittadini evoluti, agiamo con un cervello pigro e conservatore e che strutturalmente non è cambiato da quello dell’uomo cacciatore e coltivatore.

Perché facciamo cose stupide? Si chiede lo psicologo premio Nobel, Daniel Kahneman, professore a Princeton. Troppo bombardati siamo costretti a fare scelte veloci: come quando attraversiamo la strada, abituati al colpo d’occhi per accertarci della provenienza delle macchine salvo trovarsi a Londra e restare ingannati dall’istinto. Guardiamo dalla parte sbagliata e rischiamo di essere travolti per un’altra modalità di praticare la direzione di marcia.

Nelle università americane, secondo il filosofo John Stuart Mill, non si discutevano temi importanti ma si era trascinati dal politicamente corretto. Veniva radiato chi non era in linea. Le categorie non rimangono le stesse, i pregiudizi cambiano o sono sostituiti da altri, che siano di genere o di pelle. Ci vuole un pensiero critico, non una ragione ideologica. Saper argomentare, portare motivazioni, avanzare forse più lentamente ma attenti alle informazioni, quando nascono e da dove nascono.

Il vero atteggiamento è quello di Cartesio e di Galileo, l’atteggiamento del dubbio che ha portato alla rivoluzione scientifica. Riconoscere le difficoltà e gli errori. Invece hanno la meglio chi è lapidario e le spara grosse. Il meccanismo dell’effetto tribale induce a credere in assurdità, ha il peso della parte prevalente e rafforza l’identità di gruppo. La scolarizzazione ha la sua importanza, rende effettivamente più consapevoli. Ma oggi i valori, anche quelli che si sono imposti dopo generazioni, si rivelano incerti. Basta fare l’esempio della divisione dei poteri che è stata una conquista moderna, oggi a rischio.

Robert Musil dice: “Ogni intelligenza ha la sua stupidità. Ci vuole una critica per farla ben funzionare“. La filosofia ci serve per orientarci nella vita. Kant parla di universalizzazione, Popper di falsificazione, modalità per purificare la nostra intelligenza, distinguere le fesserie dalla saggezza, allontanarci così dalla stupidità,

Sintesi della relazione di Armando Massarenti
COME SIAMO DIVENTATI STUPIDI. PROPOSTA PER TORNARE INTELLIGENTI
Martinengo, Il Filandone, 21 febbraio 2025 
all'interno del Programma Noesis 2024/2025

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