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Quando il suo discepolo Zigong gli chiese cos’è l’umanità, Confucio rispose: “L’umanità è non imporre agli altri ciò che non vuoi [che gli altri ti impongano]” (Analects, 15:24). A Confucio veniva spesso chiesto se qualcuno fosse umano e tante erano le sue risposte. Diceva, ad esempio, che l’uomo che si comporta con umanità “fa del suo meglio” per adempiere al suo dovere pubblico, senza farsi contaminare dalla brama o dal desiderio di potere e di ricchezza ma tale virtù, aggiungeva, non implicava che l’uomo era umano (Dialetti, 5:8; 5:19). In effetti, Confucio affermò di non aver mai incontrato nessuno che fosse veramente umano. Ciò, tuttavia, non significava che l’umanità fosse irraggiungibile. Essa è a portata di chiunque, basta volerlo ed impegnarsi (Analects, 7:30; 4:6). L’umanità “è bella (mei)” e la maggior parte delle persone ne è attratta, tuttavia, osservò Confucio, pochi sceglieranno di perseguirla (Analects, 4:1; 4:6). La resistenza che ognuno di noi pone alla spinta umanitaria suggerisce una concezione molto complessa della natura umana, senza la quale un altro concetto, quello della moralità non avrebbe alcun senso. E, come disse il suo discepolo Zengzi (505–436 a.C.), solo i forti e i risoluti sono pronti per la ricerca, perché “la strada è lunga” e “finisce solo con la morte“. (Dialetti, 8:7).

Confucio esaltò l’umanità anche nella sfera politica

Osservò che l’imperatore Shun era in grado di governare milioni di sudditi grazie ad un comportamento umano e rispettoso. Ciò affermava: “Se anche io do l’esempio correggendo i miei errori, chi oserebbe non fare lo stesso?“. E ancora: “Desiderate solo il bene e le persone saranno buone. Il carattere di chi sta in alto è come quello del vento. Mentre il carattere di chi sta sotto è come quello dell’erba. Quando il vento soffia sull’erba, l’erba si piegherà sicuramente” (Analects, 12:17; 12:19). Per Confucio la cosa più importante per chi gestisce uno stato è la “fiducia” (xin). Se le parole e le azioni di un governante non ispirano fiducia, afferma il grande filosofo, il suo governo non potrà evitare la caduta, anche se fosse in grado di garantire cibo sufficiente per nutrire le persone e armi adeguate per difenderle (Analects, 12:7). Confucio guardava con ammirazione la prima dinastia Zhou, a suo parere molto vicina a un governo ideale, perché era fondata sulla fiducia tra l’imperatore e i suoi sudditi. Un tale governo, consolidato dal potere dei riti e della musica, non ha bisogno di complesse leggi e editti per tenere sotto controllo il popolo. Confucio disse: “Guida le persone con leggi e statuti e falli rispettare con la minaccia di punizione, cercheranno di stare fuori dai guai ma non avranno alcun senso di vergogna. Se invece li guidi con esemplare virtù e li abitui alla pratica dei riti, impareranno la dignità e sapranno correggersi” (Analects, 2:3).

Poche persone sapevano come rinnovarsi ai tempi di Confucio, e non c’era quasi nessuno tra i loro governanti a cui ispirarsi. Ma Confucio aveva ancora fiducia nei consiglieri professionisti come lui, che, fedeli alla tradizione dei grandi consiglieri del passato, erano in grado di rendere grandi i governanti con il loro duro lavoro, l’intelligenza e le loro capacità persuasive.

Alcune delle frasi di Confucio che meglio riassumono il valore attribuito alle virtù sono:

  • Questi tre segni distinguono l’uomo superiore: la virtù, che lo libera dall’ansia; la saggezza, che lo libera dal dubbio; e il coraggio, che lo libera dalla paura.”
  • Quando vedi un brav’uomo, pensa a imitarlo; quando ne vedi uno cattivo, scruta il tuo cuore”.
  • Vedere la giustizia e non praticarla è viltà”.
  • Non fare agli altri quello che non vuoi che facciano a te, e non fare a te stesso quello che non faresti agli altri.”
  • Chi cerca di assicurare il benessere degli altri, ha già il proprio assicurato”.

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Autore

Enrico Valente

Enrico Valente è nato a Torino nel 1978 dove si laurea in giurisprudenza nel 2004. Da oltre vent'anni si dedica allo studio e alla ricerca filosofica e da alcuni anni affianca la passione per la scrittura alla traduzione di saggi e romanzi. Con ”L'arte di cambiare, da bisogno a desiderio dell'altro” la sua opera di esordio, vince nel 2021 il primo premio al Concorso nazionale di filosofia ”Le figure del pensiero”, nello stesso anno riceve per la medesima opera la menzione d'onore al Premio di arti letterarie metropoli di Torino e arriva finalista al concorso di Città di Castello. Attualmente è impegnato alla preparazione di una collana intitolata ”Incontri filosofici” dedicata ai grandi protagonisti della filosofia che sta ricevendo un notevole riscontro da parte del pubblico ed è in corso di traduzione all'estero. Il suo primo numero “Il mio primo Platone” è arrivato finalista al concorso nazionale di filosofia di Certaldo (FI) 2022.

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