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Sintesi sotto forma di intervista di una lezione di Mauro Bonazzi (docente dell’Università degli Studi di Milano) dal titolo Il coraggio della libertà partendo da Platone, del 13 aprile 2021 nell’ambito della programmazione di Noesis).

Ancora Platone?
Piace sempre, anche ai giovani; ed è pieno di spunti attuali.

Con che criterio lo legge?
Porto l’attenzione su tre testi famosi dove meglio emerge la sua idea di libertà. Il primo è l’Apologia (par. 28-32), nel racconto del processo a Socrate, 399 a.C. .  Per Atene è ancora bruciante la sconfitta della Guerra del Peloponneso. Si riunisce il Consiglio dei Cinquecento dietro accuse precise.

Sembra all’inizio che lo si voglia punire, tacitarlo ma non arrivare alla condanna a morte. Socrate tiene un atteggiamento polemico.
Socrate si difende senza cercare simpatie. Le sue parole suscitano presto disapprovazione: “non rumoreggiate, cittadini d’Atene, vi prego di ascoltare”. Le accuse sono gravi, gli obbiettano, meritevoli di morte, di cui dovrebbe vergognarsi. “Vergogna?” ribatte Socrate, “di ben altro c’è d’aver vergogna!”. La sua vergogna è di compiere azioni ingiuste. Non fa parte dei suoi calcoli il rischio della vita. Richiama il figlio della dea Teti, Achille: non si lasciò convincere dalle parole della madre secondo la quale uccidendo Ettore sarebbe andato incontro alla morte. “Fare ingiustizia e non prestare ascolto a chi è migliore, uomo o dio che sia ”è stato il suo riferimento, “temere la morte piuttosto se ci si crede sapienti e non lo si è”. L’ignoranza è la sua vergogna, il grande rischio. Lui, Socrate, si ritiene uomo di coraggio e l’ha dimostrato anche in battaglia. Si è dedicato alla filosofia, alla ricerca della verità con il coraggio di dirla: “per questo non cesserò di filosofare e di esortarvi e consigliarvi”.

Il secondo testo?
Il Simposio (par. 215-222) quando nel pieno del convivio irrompe Alcibiade, figlio adottivo di Pericle e politico brillante che poi trascinerà gli ateniesi nella guerra contro Siracusa con la rovina sua e della città. I convitati si sono appena espressi sul tema proposto, l’amore. Lo invitano perciò a dire la sua. Alcibiade tesse l’elogio di Socrate. Socrate è come Marsia, il flautista melodioso che osò sfidare Apollo. Socrate sa ottenere lo stesso effetto con le parole, vince tutti con la forza del discorso. Si resta affascinati alle sue parole. Soprattutto dice la verità e Alcibiade si è sentito in vergogna, “per ciò che mi ha fatto conoscere e io non ho seguito”. Anche se ha provato a tendergli trappole, come si suole tra amanti, Socrate non ci è cascato, è andato dritto sulla strada della verità. Non somiglia a nessuno degli antichi o degli uomini di oggi. I suoi discorsi sono pieni di ogni immagine di virtù, tendono a ciò che vi è di più grande, il bene.

Parlando di libertà non si può prescindere dal mito della caverna (Repubblica par. 514-520).Il mito è ben noto. Si tratta di uomini incatenati e costretti a guardare la parete. Solo ombre che si muovono davanti a loro. Un prigioniero si libera: come e perché? non è detto. Sale verso l’uscita, si trova alla luce, ridiscende con la volontà di tornare, di raccontare, di spiegare. Inutilmente, non onori e lodi, ma biasimo e derisione fino a essere messo a morte per la sua assurda ostinazione. Non è forse la replica della storia di Socrate?

Una filosofia a rischio di morte, si potrebbe dire. Ben diversamente, vien da pensare, si comportò Heidegger che nel momento della svolta illuminante della sua filosofia finisce per aderire al nazismo e assume la carica di Rettore dell’Università di Friburgo.
Per stare nell’attualità si può citare il film The Truman show, la storia di un uomo qualunque usato fin dalla nascita a fare spettacolo, la vita ridotta a intrattenimento, tutti attorno d’accordo a recitare la propria parte a spese sue. Ma poi viene il giorno che capisce e si ribella.

La libertà non è un processo passivo, non è lo spensierato vivere in acquetanti certezze. Richiede autenticità, essere se stessi, sforzo di capire. Il prezzo da pagare può essere la solitudine. Capita a certi ragazzi bersagli del bullismo. Adeguarsi significa cadere nella schiavitù. “Libertà non è far ciò che vuoi ma essere ciò che sei”. Si è schiavi di paure, pregiudizi, passioni.

Non siamo forse in tempi di relativismo quando si mette in discussione l’uomo come natura data?
Si discute sulla coscienza, non si parla più di anima. Esiste qualcosa che chiamiamo io? Si nega l’io come centro dell’uomo, nucleo intatto che sostiene azioni e pensieri, identità costante. Si parla piuttosto di molteplici io, di un io che è costruzione sociale, come sostenevano i sofisti. Comunque sia, la libertà è una scelta tra il giusto e l’ingiusto, è un processo faticoso, richiede conoscenza e autocoscienza. E vuole coraggio.

A cura di Mauro Malighetti


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