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Sapresti spiegare che cos’è il dolore? Di sicuro sai dire se provi o no dolore, ma definirlo è tutta un’altra cosa. Medici, scienziati e filosofi hanno passato secoli a cercare di riconoscerlo, misurarlo, interpretarlo. Ne hanno parlato Agnese Collino (team di BergamoScienza) e Roberta Fulci (Radio 3 Scienza), domenica 1 ottobre nel Piazzale degli alpini di Bergmao, nell’ambito di BergamoScienza.

Più che sul termine male si parla di dolore, dolore fisico. C’è anche chi non lo prova come scoprirono quei genitori americani quando videro la bocca del loro bimbo sanguinante perché si masticava la lingua fino a procurarsi ferite. Si tratta di un’analgesia congenita che impedisce di provare dolori.

Cos’è il dolore? Qualcuno ha parlato di un senso specifico per il dolore. Altri hanno ipotizzato un particolare circuito nel corpo capace di rilevare la parte dolorante. In passato è stato attribuito ad un eccesso di stimolazione, intensificandosi lo stimolo si intensificherebbe il dolore dal meno al più, come se da una carezza si passasse ad un pugno.

Gli scienziati pionieri nello studio del dolore hanno provato sul proprio corpo. Si sono prodotti ferite al braccio per rilevare le sensazioni cercando di distinguere il dolore dalle sensazioni che lo accompagnano come il calore, il bruciore, la paura.

Risulta chiaro a tutti che quando uno urta lo spigolo della credenza provi dolore. Ma che dire della sensazione dolorosa sull’arto amputato? E’ il caso dell’arto fantasma. Qualcuno ha avanzato l’idea di mappatura: il cervello avrebbe una specie di mappa delle sensazioni legate alle varie parti del corpo. Quando si trova davanti ad una nuova situazione, come nel caso dell’arto amputato, il cervello si comporta secondo la sua solita mappa confondendosi. Non si è ancora organizzato secondo il nuovo stato fisico. Lo farà col tempo.

Si è messo in atto un esperimento. E’ stato chiamato uno dal pubblico a fare da cavia. Lo si è fatto sedere davanti a un tavolo con le mani appoggiate ma impedendogli la visione simultanea delle due mani divise da un pannello. Accanto ad una mano vera è stata posta una mano di gomma. La procedura è quella di accarezzare le mani con un pennellino in modo da creare una identica sensazione negli arti. L’esperimentatore quindi colpisce con un martello lasciato in vista la mano finta. Solitamente la reazione – non nella messa in scena – è quella di togliere le due mani di scatto. Il cervello, secondo la teoria della mappa, rimarrebbe confuso.

Si può misurare il dolore? Lo chiede il medico al paziente che deve classificarlo tra 1 e 10. Richiesta difficile, si resta nel vago. Si è tentato di misurare il dolore in unità di misura detta dol. Si chiede per esempio alla partoriente se la contrazione sia più forte della precedente, e così via una contrazione dopo l’altra (povere donne!). Alla fine l’idea è stata cassata

A proposito del parto qualcuno si è chiesto perché sia così doloroso. Si è risposto alludendo all’idea di selezione: se la natura ha scelto questa strada significa che è la migliore per la specie. Altri sostengono che è lo scotto da pagare da quando l’uomo ha assunto la posizione eretta. Inoltre il piccolo umano nasce con un cervello grande e solo con un bacino più grande il parto sarebbe meno doloroso.

Gli animali provano dolore? Ragionevole pensarlo per i mammiferi, tanto più per le scimmie, parenti nella scala dell’uomo. Si è però fatto un esperimento con il polipo. I ricercatori le pensano tutte. Posto un polipo in una vasca con due settori comunicanti e diversamente colorati, è stato sottoposto ad uno stimolo doloroso. Si è visto che va a rintanarsi nella parte in cui non ha ricevuto lo spiacevole stimolo.

Che dire dell’effetto placebo? A volte sembra funzionare. Fa sparire il dolore anche se l’interessato lo sa. Anche qui le spiegazioni non mancano. Ma entrano in campo altri fattori. Pensiamo all’appassionato di film horror che prova spavento, i suoi battiti cardiaci accelerano, gli viene la pelle d’oca, nonostante sappia benissimo che tutto è costruito.

Difficile definire il dolore come è risultato dalle svariate risposte che il pubblico ha dato. Ci sono fattori psicologici, sociali, culturali. Di fronte agli altri uno contiene il suo dolore. Vi contribuisce l’aspetto religioso: il credente di fronte all’immagine sacra sopporta di più.

E c’è stato chi tra il pubblico ha confessato di riuscire a superare le forti emicranie cui va soggetto concentrandosi sul proprio lavoro che dà spazio alla creatività.

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