E’ notizia di questi giorni il finanziamento da parte di Regione Lombardia di una miriade di interventi richiesti dal territorio: centri sportivi, piazze, cimiteri, ponti, strade, tetti, palazzetti e chi più e ha più ne metta. Sono soldi provenienti dalle risorse rimanenti dei tre miliardi di indebitamento decisi dalla Regione per rilanciare l’economia lombarda dopo il lockdown.
Si va dai 50.000 euro per la messa in sicurezza delle strade comunali di Foresto Sparso fino ai dieci milioni di euro ottenuti per la fiera di Treviglio. Circa due miliardi che arriveranno sul territorio lombardo e che sicuramente risolveranno molti problemi delle nostre comunità dando ossigeno all’economia locale e a molte imprese artigiane. Questo va riconosciuto, ma è tutto oro quello che luccica? A rifletterci bene, alcuni dubbi vengono. Sia nel metodo che nel merito.
Rispetto al metodo è evidente che ciascuno dei 243 Comuni bergamaschi avesse necessità di interventi grandi e piccoli mentre solo una trentina di essi ha potuto beneficiare di queste elargizioni. Viene da domandarsi quali siano stati i criteri di ripartizione, quali le priorità indicate a monte, quali i canali attraverso cui a tutti è stata data la possibilità di fare richieste. E’ vero che la presenza dei consiglieri regionali sui problemi del territorio è un fatto importante e da apprezzare, ma la conoscenza di uno di loro non può bastare per veder premiata una richiesta legittima a fronte di altre che lo sono altrettanto.
Se alcuni primi cittadini in queste ore sono ovviamente soddisfatti, altri stanno facendo sentire la loro voce critica. Più che un “piano Marshall”, dicono, sembra più una legge mancia. Rispetto al merito, viene il dubbio sull’utilità di suddividere in mille rivoli delle risorse straordinarie per finanziare interventi ordinari. Forse poteva essere prestata maggior attenzione ad alcuni filoni di sviluppo, a partire dai dossier infrastrutturali consegnati di recente a Regione e Governo (come fatto qualche anno fa nella destinazione delle risorse del Patto per la Lombardia), o all’esigenza di rilanciare un’idea di ripartenza sostenibile capace di tenere insieme le progettualità dei singoli territori moltiplicandone il valore attraverso il sostegno del pubblico.
Visto nel piccolo, è un po’ lo stesso dibattito sull’utilizzo che farà l’Italia delle risorse europee. Ma la Bergamasca non è piccola, questo è il punto. E’ la Provincia col maggior numero di Comuni, la più ricca e diversificata dal punto di vista morfologico, una delle tre realtà sopra il milione di abitanti a non essere capoluogo di regione. E necessiterebbe di una visione all’altezza delle dimensioni e di istituzioni sovra comunali capaci di fare regia tra le singole istanze per comprenderle in un progetto di ampio respiro. Se da un lato non possiamo che gioire insieme ai Sindaci che tra mille difficoltà hanno almeno ottenuto qualcosa, dall’altro non possiamo non interrogarci sia sui limiti dell’azione regionale sia sul mancato coordinamento provinciale. Non è questione di partiti, o forse interessa tutti i partiti.
Perché tra Marshall e mancia, servirebbe proprio una bella Politica capace di coinvolgere il territorio verso un futuro diverso. Soprattutto a Bergamo, soprattutto dopo la stagione del Covid.