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Una grande tenda sotto il ponte di Brooklyn per emozionare il pubblico della Grande Mela con evoluzioni a più di dieci metri di altezza. Non uno spettacolo marginale bensì un evento intrigante ripreso da una lunga e compiacente recensione del New York Times. Tra i protagonisti di Bianco (così si chiama lo show della compagnia gallese NoFit State diretto da Firenza Guidi) c’è Delia Ceruti, 33 anni di Ponteranica. Una doppia laurea a pieni voti in commercio estero tra Bergamo e l’Inghilterra messe in un cassetto per abbracciare il sogno dell’arte circense e nuotare nell’aria aggrappata ad un trapezio con sotto i bambini che guardano a bocca aperta stringendo la camicia dei papà. Delia si annoiava ad analizzare previsioni di vendite e programmazione di produzione per una grossa multinazionale svizzera e poi a sbrigare affari come contract manager per un tour operator inglese. “A 28 anni ho preso finalmente in mano le redini della mia vita, lasciando un lavoro ed uno stile esistenziale che non mi si addicevano per dedicarmi all’arte”.
Un po’ come ritornare bambina quando all’età di cinque anni, dopo aver assistito ad uno spettacolo ad un balletto, ha iniziato ad insistere con la mamma che “da grande” avrebbe voluto fare “la ballante”. Candido neologismo dell’infanzia che racchiude in sé un ventaglio di possibilità artistiche da realizzare con la grazie e l’armonia del corpo. “Così studiai danza a Bergamo con Maria Angela Beltramelli, e successivamente mi specializzai in danza classica con Svetlana Pavlova. Un impegno estenuante fino ai 21 anni, quando mi trasferii in Inghilterra dove, per “sopravvivere” agli studi e ai lavori d’ufficio, presi a dedicarmi alla fotografia”.
Incontri oppurtuni, riflessioni con amici, meditazioni solitarie portarono Delia Ceruti a ritenere che l’unica opzione fosse per lei quella del palcoscenico.Convinta della mia scelta, ma ancora non sicura della sua concretizzazione, trovai un corso di tre mesi in discipline circensi a Sheffield e mi ci iscrissi. Avevo 28 anni. Iniziai con il cerchio aereo per poi negli anni specializzarmi in trapezio danza, corda verticale, e trapezio statico a due. La mia forza fu il fai-da-te che significò avere insegnanti diversi per brevissimi periodi di tempo, e poi lavorare da sola su ciò che avevo imparato da loro”. Tranquillità e redditi elevati (come potrebbe essere, visti i sui studi, un impiego nella City) non fanno parte del vocabolario di Delia.
Delia Ceruti ama il circo, il senso di comunità, il supporto e la crescita personale e professionale che, dice, di non aver mai incontrato in altri ambiti. E poi le sfide giornaliere dei propri limiti e l’elogio della diversità. Il 29 maggio si smonta la tenda a Brooklyn. “I contratti per l’estate sono saltati. Credo che mi dedicherò alla formazione ed allo sviluppo di un progetto personale che mescola tecnica aerea e dark-clown. Oltre a mandare materiale promozionale ad agenzie, compagnie, e fare audizioni. Non è come avere un lavoro a tempo indeterminato. Ci si gestisce la vita in maniera diversa e si usano le “pause” per fare altro, per allenarsi, per creare”.
Il curriculum artistico parla chiaro: esibizioni in tutto il mondo come lo spettacolo per la celebrazione dei 40 anni degli Emirati Arabi Uniti oppure la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra. Il sogno nel cassetto di Delia Ceruti è produrre uno spettacolo tutto suo e fondare una charity per insegnare discipline circensi a bambini e donne che vivono in situazioni svantaggiate. Paura di cadere? “Beh, ci si allena tutti i giorni”. Mancanze? “Si, la mia famiglia a Ponteranica”.

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