Nell’opuscolo giovanile Ente ed esistenza Tommaso d’Aquino si dedica ai concetti di Ente e di Essenza, due termini molto usati nei filosofi scolastici anche se spesso con significati diversi. Ente ed essenza, ens ed essentia, afferma Tommaso, sono le prime cose che l’intelletto concepisce.
L’ente può essere reale o logico. È reale l’ente che è presente nella realtà, il cavallo che ho davanti agli occhi è reale, la penna che uso è un ente reale. È invece logico quell’ente che è espresso con una proposizione affermativa anche se la cosa non è realmente esistente. Così come quando diciamo che la cecità è nell’occhio, non possiamo dire che la cecità esista veramente, è infatti presente solo negli occhi non vedenti.
Lasciando da parte il significato logico del termine Tommaso si sofferma su quello reale, solo su di esso si deve infatti parlare di essenza. L’essenza è ciò che una cosa è, e si esprime in una definizione. L’essenza è costituita dalla forma e dalla materia. Dell’uomo, ad esempio, dice Tommaso, la forma è costituita dalla ragionevolezza, la materia dalla animalità. Dall’essenza occorre distinguere l’esistenza che non si può in alcun modo dedurre dall’essenza. Dice infatti Tommaso: “Noi possiamo comprendere che cosa sia l’uomo o la fenice e tuttavia non sapere se esistono in natura”. Il rapporto esistente tra essenza ed esistenza è quello tra potenza ed atto. L’esistenza rappresenta l’atto, l’essenza, invece, la potenza.
Essenza ed esistenza non coincidono sempre. Se prendiamo come esempio l’uomo si può dire con certezza che esse coincidano quando è in vita, quando non lo è più l’esistenza viene a mancare. Per questo ci deve essere qualcosa grazie alla quale esse siano entrambe presenti nello stesso ente, qualcosa che permetta alle cose di passare da potenza all’atto, e che quindi dia vita alle cose. “Necessariamente dunque ogni realtà, il cui essere è altro dalla sua natura, riceverà l’essere da un’altra realtà. E poiché tutto ciò che è per mezzo di un’altra realtà si riporta a ciò che è per se come alla causa prima, dovrà esservi una qualche realtà che sia causa dell’essere per tutte le cose, in quanto essa stessa è essere soltanto. Diversamente si andrebbe all’infinito nella ricerca delle cause”. Di conseguenza, il passaggio per le cose finite dalla potenza all’atto richiede l’intervento creativo di un Essere che ha l’esistenza come essenza e che riesca a farne partecipe altri esseri. L’Essere per antonomasia è Dio. Per riassumere, ci sono due modi in cui l’esistenza può essere nelle sostanze, necessariamente, per natura, in Dio, oppure grazie al contributo esterno, un atto di creazione, negli esseri finiti.