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Nietzsche, l’ermeneutica, l’ha messa all’ordine del giorno con il suo aforisma: non ci sono cose o fatti ma solo interpretazioni.

Sembrava la conclusione di altri pensieri. Inutile parlare di sostanza, non c’è niente di identico. L’istinto è la base della vita, perché parlare di responsabilità? Il mondo non ha senso; è variopinto perché l’abbiamo dipinto noi adattandolo ai nostri bisogni. Nemmeno l’io è entità costante ma è soggetto a illusioni; noi ignoti a noi stessi ci travestiamo per proteggerci. Come la barca che ha dimenticato la rotta, la vita è senza scopo.

Al di là dell’esito nichilista Nietzsche ha spostato l’attenzione della filosofia.

Ermeneutica dal greco ermeneuein equivale ad interpretare, annunciare come faceva il dio Ermes che recava i messaggi degli dei, o chiarire il messaggio o il dato che così assume un altro aspetto, come l’evento di Gesù che cambia la storia e da Vecchia si fa Nuova Alleanza. Il messaggio si espone in un linguaggio, calato in una cultura, si spiega attraverso l’esegesi quando ci sono oscurità. Si può commentare andando oltre il senso letterale con l’allegoria come facevano i Padri della Chiesa e il rapporto tra l’amata e lo sposo descrive l’amore di Dio per l’uomo. Il messaggio va tradotto o interpretato come fanno gli attori e i poeti, ma lo si può tradire come è successo alla Chiesa, secondo Lutero, che si è prostituita al denaro che è lo sterco del demonio.

Il messaggio o la realtà va conosciuta, indagata, come la natura per Galileo che si indaga con metodo, il metodo della matematica. Passa attraverso il filtro delle impressioni e i sensi ingannano come il bastone immerso in acqua. Se però teniamo come riferimento i Classici limitiamo la possibilità di fraintendimenti.

Dobbiamo lasciarci guidare dalla ragione che è strutturata per affrontarla, ma ha i suoi limiti. Vincolati dal tempo e dal luogo operiamo secondo schemi che ci conducono al vero. Noi conosciamo sempre il particolare e ogni esperienza è unica; l’uomo è essere storico.

L’interprete ha una sua storia, una psicologia, un punto di vista. Il pensiero si dà nelle espressioni concrete e nella connessione e nel confronto dei particolari si giunge all’unità. Come il bimbo apprende la lingua da tante particolari espressioni. Un film si comprende tenendo conto delle varie sequenze come certi passaggi si chiariscono nell’insieme della storia.

Si parla di comprensione. Il nostro rapporto con il mondo è pratico non osservativo, siamo operatori non semplici osservatori. La vita è com-prensione, si tiene insieme, l’uomo coinvolto in un incontro personale, non a distanza, dove entrambi soggetto e oggetto sono modificati.

L’uomo si trova gettato in un mondo di interpretazioni che non sono sempre conformi all’esistenza autentica. Cammina e cerca il senso dell’essere. Il modello del sapere è la ricerca, con il coraggio di domandare. Il logos tiene il filo del discorso, io con te e il nostro discorrere ci cambia. Le rivelazioni decisive accadono in virtù del parlare insieme.

Noi siamo aperti al mondo il quale si dà in un orizzonte particolare. Operiamo e interpretiamo dentro questo orizzonte che non si raggiunge; si sposta. C’è sempre dell’altro che sfugge e si sottrae. La nostra esperienza è costituita da pre-giudizi, si parla di pre-comprensione. I pregiudizi non sono un impedimento. Come nell’apologo di Galileo circa il tale dedito all’allevamento di uccelli. Era spinto dalla curiosità fuori casa per un suono nuovo. Scoprì stupefatto che era dovuto a un pastorello che soffiava in una canna forata. I preconcetti servono per partire, indicano una traccia da confermare o mettere in discussione.

Noi viviamo nel linguaggio. Il pensiero è linguaggio. Fuori dal linguaggio non usciamo. Anche l’anacoreta parla fintanto che pensa. Mi propongo di parlare a papà, lui con le sue idee io con le mie intenzioni che ripenso e riformulo a parole, parole raccolte dai discorsi fatti o ascoltati così come con le parole capisco gli impedimenti della distanza e del lavoro che limitano la mia presenza. Ne parlo alla sorella e le parole ci portano a decisioni e le cose non sono più come prima.

Le parole evocano: i ricordi della foto, di un episodio, suscitano immagini che ne richiamano altre. Se mi piace dipingere posso raffigurare quel che provo e produrre qualcosa di nuovo che posso proporre ad altri che non conosco ma che capiscono.

La filosofia è ermeneutica perché è vita da interrogare e che continuamente ci interroga.

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