Eschilo è stato il primo dei grandi drammaturghi greci, il primo anche a portare la tragedia alla sua forma più matura. Le sue opere ci sono pervenute per intero.
Per Eschilo meriti artistici e militari
Notevole fu il suo impegno militare, combatté in prima persona contro i persiani a Maratona nel 490 a.C., ma anche a Salamina nel 480 a.C., e a Platea nel 479 a.C.. Nel 472 a.C. venne invitato a Siracusa dal tiranno Ierone per rappresentare la sua ultima tragedia. Al tiranno Eschilo dedicherà una tragedia chiamata Etnee. Dopo esser rimasto per un certo periodo ad Atene per motivi ancora sconosciuti dovette trasferirsi a Gela, anche se pare per invidia nei confronti di Sofocle, dove morirà nel 456 a.C.. Nel suo epitaffio non saranno ricordati i meriti artistici ma quelli militari, in particolare con riferimento a Maratona.
Vero padre della tragedia
Sebbene Eschilo scrisse una novantina di opere solo sette ci sono pervenute, le più importanti sono: I persiani, I sette contro Tebe, Le supplici, Prometeo incatenato, Orestea. Eschilo viene considerato il vero padre della Tragedia, a lui si deve l’iniziativa di usare maschere e coturni, delle calzature simili a stivaletti formato da strisce di cuoio intrecciate. A lui si deve anche l’introduzione della trilogia, formata da tre opere legate da un punto di vista contenutistico. Una vera introduzione fu la comparsa del secondo attore (precedentemente in scena era presente un solo attore) rendendo in questo modo possibile la drammatizzazione di un conflitto e la narrazione in dialoghi, aumentando il coinvolgimento emotivo del pubblico. Da rilevare, nella produzione teatrale di Eschilo, anche la progressiva perdita di importanza del coro, che un tempo costituiva la controparte dell’attore. Le sue opere sono piene di immagini suggestivi, personaggi eroi o comunque con caratteristiche superiori all’uomo comune, sono presenti anche elementi reali ma questi non sono presi nella loro quotidianità, vengono sublimati.
I temi della responsabilità e del castigo
Il cuore delle opere di Eschilo è rappresentato dal problema dell’azione e della colpa, della responsabilità e del castigo. La domanda che si pone il grande drammaturgo è per quale motivo l’uomo soffra, quale sia l’origine del dolore. Il dolore è legato alla nostra condizione di mortali? O da un errore originario che ha finito per essere scontato da tutta l’umanità? Oppure, ancora, è tutta colpa del singolo individuo e delle sue scelte sbagliate? Tutta la sua tragedia è una tensione alla ricerca di una risposta. Secondo la tradizione arcaica la responsabilità è della hýbris, ossia della incapacità degli uomini di restare all’interno dei propri limiti, e di condurre un’esistenza commisurata alle proprie forze, quelle che gli sono state attribuite dagli dei. Il superamento dei propri confini scatena l’ira degli dei e la loro punizione sul colpevole. Da qui, secondo questa teoria, la causa della sofferenza umana. Eschilo però decide di superare questa convinzione e formarsi un’idea nuova. Mostra che non è vero che il dolore sia la conseguenza dell’ira degli dei per l’invidia nei confronti degli uomini che vogliono essere come loro, piuttosto, le azioni punitive delle divinità sono conseguenze edificanti di una colpa umana. La punizione degli dei avrebbe, secondo Eschilo, quindi, fini educativi. Attraverso il dolore l’essere umano matura la consapevolezza di aver superato il limite e che esiste un ordine perfetto e immutabile che nessuno può scalfire.
STORIA DELLA FILOSOFIA. TUTTE LE LEZIONI PUBBLICATE
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Lezione 4: Parmenide e le vittime dell’illusione dei sensi
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Lezione 6: Anassagora e i semi originari della materia
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