In vista delle elezioni europee del maggio 2019 le Acli provinciali di Bergamo sono protagoniste di un ventaglio di iniziative dal titolo “Fa per me. Diamo futuro all’Europa” (guarda il logo) Si tratta di percorsi formativi, accompagnate da proposte editoriali, che hanno l’obiettivo di rafforzare la conoscenza della questione europea. “Il prossimo 26 maggio, con le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, – ha precisato Daniele Rocchetti, presidente provinciale delle Acli – ci giochiamo l’eredità dei nostri padri, ci giochiamo il nostro futuro. Ne siamo convinti ed è questo che spinge il nostro impegno nei prossimi mesi: l’Europa è un elemento importante, decisivo e centrale per il nostro benessere. Ha garantito pace duratura e tutela alla collettività. Non siamo ingenui: sappiamo che esistono profili di criticità, non li trascuriamo”. Per Rocchetti migliorare l’Europa non significa abbandonarla ma renderla ancora più solidale, più vicina ai cittadini. “L’Europa è un treno – ha ribadito – che l’Italia non può perdere a tutela dei più deboli. Quello che è importante fare è trasmettere, soprattutto ai giovani, l’idea che l’Europa è il nostro destino anche se oggi spesso la vediamo come indifferente alla vita concreta delle persone. Dobbiamo capire che quella europea è la sola comunità ci può dare la speranza di essere protagonisti nella vita di domani dove gli altri grandi paesi del mondo avranno ruolo prevalente visto che nessun paese europeo, da solo, potrà contare qualcosa”.
La prima proposta di ” Fa per me. Diamo futuro all’Europa ” è un percorso di formazione geopolitica dal titolo “Quale Europa?” che partirà il 14 gennaio nella sede di via San Bernardino, 59 a Bergamo. Sei incontri di approfondimento della questione europea, partendo dalle origini fino a toccare alcune questioni cruciali che sfideranno l’Europa nei prossimi anni. La seconda proposta consiste in percorsi formativi territoriali rivolti ai giovani dai 18 ai 35 anni, che si terranno tra marzo e aprile in diverse zone della provincia. Quattro incontri di approfondimento, di cui due a Bergamo: il primo sabato 30 marzo (mattina) con Luca Misculin, giornalista del quotidiano “Il Post”, il secondo sabato 13 aprile mattina con un confronto politico tra candidati alle elezioni. I restanti due incontri saranno promossi nei diversi territori con date ancora da definire. C’è in previsione anche un libretto sull’Europa edito dalla cooperativa “Achille Grandi” e curato da Antonio Zotti, docente di Istituzioni Europee presso l’Università Cattolica di Milano, una spilletta con il motto della campagna che verrà diffusa nelle varie occasioni associative promosse sul territorio, un’edizione dedicata di Nonsolorimini 2019 (la guida alle vacanze solidali delle Acli).
Tutte le iniziative verranno promosse sul sito www.aclibergamo.it.
Le parole di Daniele Rocchetti in conferenza stampa di presentazione di ” Fa per me. Diamo futuro all’Europa “
L’Europa è un elemento importante, decisivo e centrale per il nostro benessere. Ne siamo convinti ed è l’anima del nostro impegno nei prossimi mesi. Ha garantito pace duratura e tutela alla collettività. È vero che esistono profili di criticità, non li trascuriamo. Migliorare l’Europa non significa abbandonarla ma renderla ancora più solidale, più vicina ai cittadini. L’Europa è un treno che l’Italia non può perdere a tutela dei più deboli. Quello che è importante fare è trasmettere, soprattutto ai giovani, l’idea che l’Europa è il nostro destino anche se oggi spesso la vediamo come indifferente alla vita concreta delle persone. Dobbiamo capire che quella europea è la sola comunità ci può dare la speranza di essere protagonisti nella vita di domani dove gli altri grandi paesi del mondo avranno ruolo prevalente visto che nessun paese europeo, da solo, potrà contare qualcosa.
Non solo, oggi l’Europa dell’Unione è più grande dell’Europa dell’impero romano, dell’Europa carolingia e dell’Europa di Napoleone. E per la prima volta, al contrario delle altre, questa unificazione viene fatta con mezzi pacifici. Una rivoluzione nonviolenta senza precedenti: mai era avvenuto, nel corso della storia, che Stati cedessero, volontariamente, pezzi consistenti della propria sovranità. Un esperimento che, non a caso, è stato premiato con l’assegnazione nel 2012 del Premio Nobel per la pace. Se ci pensiamo bene, la storia della difesa d’Europa è sempre stata una storia di guerre. Non sono state moltissime, in realtà, dato che più spesso sono stati i Paesi europei a provocare le difese altrui. Ma anche quei pochi episodi dove era evidente la minaccia verso l’Europa e verso i valori nati in Europa, si sono risolti con la guerra, con lo spargimento di sangue. Forse la più simbolica di queste è la difesa di Vienna nel XVII secolo. O forse altre.
Anche oggi l’Europa è minacciata e sono minacciati i suoi valori più autentici, quelli che poggiano sulle idee di libertà e di uguaglianza. Ma, a differenza di qualche secolo fa, la minaccia più severa viene dall’interno, dall’Europa stessa.
Non è una novità, penserà qualcuno: in fondo per secoli e secoli gli europei si sono combattuti. Abbiamo lasciato alle spalle il centenario della fine della prima guerra mondiale. Una guerra che è stata anche una sorta di guerra civile europea. I numeri, a rileggerli oggi, sono impressionanti: circa 74 milioni di soldati mobilitati su tutti i fronti, oltre 9 milioni di morti e almeno 21 milioni di feriti, circa 8 milioni di prigionieri di guerra. Altro che militi “ignoti”! Ognuno con il suo nome e la sua storia, la sua singolarità. Ma la minaccia interna, questa volta, nasce con una fase radicalmente nuova, perché figlia della diversa storia degli ultimi sessant’anni.
Veniamo da un cammino che ha fortemente voluto costruire un’unità europea, un solo popolo, un continente forse senza confini, certamente senza guerre. E così è stato. Dai trattati di Roma del 1957 sono passati più di sessant’anni di impegno e di pace. Non è retorica affermare che l’Europa è la dimostrazione che, volendo – politicamente volendo –, la pace non è un sogno ad occhi aperti. Magari non si tratterà dell’utopica pace armonica: si tratterà, più umanamente, di una pace segnata da problemi, scoraggiamenti, rivendicazioni, discussioni, arroganze, ipotesi, interessi materiali, perfino qualche complotto e qualche astrazione. Eppure il fatto concreto è che questa pace ha tenuto. Ed è diventata un modello. A questo modello noi non vogliamo venire meno. Dunque, più Europa per avere più futuro.
Ci auguriamo che le elezioni europee mettano al centro le grandi parole. Democrazia, pace, uguaglianza, libertà, diritti. Parole che ci hanno consentito di trasformare le macerie fratricide della guerra in quel progetto e sogno dell’Europa che oggi è il nostro futuro. Oggi servono parole nuove capaci di dare vita a nuovi progetti collettivi, sogni comuni, felicità pubblica, altrimenti non saremo neanche capaci di custodire quelle grandi parole e conquiste delle generazioni passate. Non servono né provincialismo né populismo. Forse portano voti. Certo non il futuro.