Cosa sappiamo esattamente di San Giuseppe? I dati tramandati su di lui sono pochi e, pertanto, rispetto a questa importante figura evangelica è sempre stato fatto, a livello artistico e culturale, un notevole sforzo creativo per riuscirne a coglierne i tratti salienti della sua personalità provando, poi, a raffigurarli con volti ed espressioni che sono mutate nel tempo. San Giuseppe ha assunto, così, “tanti volti comuni” perché tratti dagli artisti a partire dalla realtà che li circondava ed era, pertanto, fonte di ispirazione. Facendo nostro questo criterio proviamo a porci la domanda: qual è la caratteristica che meglio definisce San Giuseppe? Chi, intorno a noi, la “incarna”?
Il tratto caratteriale che emerge dai Vangeli rispetto a questa figura è quello di essere al cospetto di un uomo solido nel senso etimologico della parola solidità che trova la sua radice nella solidarietà. E, se ci pensiamo bene, proprio la solidarietà è una delle modalità per fare la storia con un approccio caratterizzato dal pensare e agire in termini di comunità intesa nel suo senso più ampio possibile. Tenendo presente quest’aspetto diventa cosi più facile trovare nella nostra quotidianità i San Giuseppe che ci circondano con i più svariati tratti somatici.
Per me due esempi, in tal senso, sono i miei cari amici Rocco e Fiorenzo: i Bud Spencer e Terence Hill della Val Seriana, entrambi protagonisti dell’imprenditoria bergamasca.
Poniamo così a Fiorenzo alcune domande:
“ Al contrario di quel che si crede, la fortuna non si deve cercare in posti remoti, ma a volte la si trova dietro l’angolo” – Bud Spencer: Fiorenzo ci puoi raccontare dove hai incontrato Rocco?
All’origine del nostro incontro c’è l’amicizia delle nostre mogli, che studiavano assieme in università. Ad un certo punto la nostra amicizia ha avuto anche uno sbocco lavorativo, quando Rocco mi ha proposto di cominciare con lui l’attività che ancora portiamo avanti. Un particolare su questo inizio: eravamo a un matrimonio di amici comuni e alla sera, forse un po’ brilli, Rocco mi ha chiesto un aiuto per la cameretta della sua prima figlia (io facevo già l’arredatore). Da lì è nato lo spunto dell’attività, che nelle settimane successive e negli anni a seguire si è concretizzato, fino alla nascita di TIGIEFFEspazio.
In comune con San Giuseppe avete, da un certo punto di vista, il vostro lavoro di artigiani del legno e arredatori: come questa figura di santo è fonte concreta di motivazione in quello che fate?
Noi consideriamo il nostro lavoro come il più bello di tutti… e già partiamo in vantaggio. Infatti aiutiamo le persone a creare al meglio lo spazio di quotidianità che si troveranno a vivere. San Giuseppe lo faceva quotidianamente: nel lavoro, ma anche nella realtà famigliare: stando nell’ombra, ma permettendo una grande opera di bene. Il nostro tentativo nell’ispirarci a lui lo spiega bene Peguy nell’opera L’Argent: “E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano”
Entrambi siete papà e la genitorialità, in questo periodo storico, è stata fortemente messa alla prova dal Covid 19: come la vostra amicizia via aiuta anche nella vostra missione educativa?
E’ sempre un tentativo quello di educare: non si è mai abbastanza bravi, si sbaglia e si impara sul campo. Ci confrontiamo spesso a riguardo anche perché entrambi abbiamo tanti figli ed è bello vedere come questa amicizia rientri in ogni ambito delle nostre vite. Infatti non è possibile dividere il nostro essere genitori dall’essere soci: cerchiamo di essere educatori non solo a casa, ma anche nel rapporto tra di noi e in quello con tutte le persone con cui abbiamo a che fare nell’attività.
Dalla ricchezza delle risposte date emerge una conferma: dalla figura di San Giuseppe possiamo ancora oggi, in qualunque dimensione della vita, imparare il vero valore della parola servizio che, in sintesi, non deve essere mai ideologico perché il suo fine non è quello di servire le idee ma le persone.