Walter Benjamin (1892-1940) acquistò l’acquerello di Paul Klee intitolato Angelus novus nel 1921 e non se ne separò più. Quando fuggì da Parigi occupata dai nazisti l’affidò ad un amico in un plico di carte e appunti. Voleva riparare negli Stati Uniti. Fu bloccato alla frontiera spagnola senza il visto e preso da sconforto si suicidò
Così descrive in uno scritto l’opera. La figura alata, bambino o uccello, piedi ad artiglio e riccioli mossi, bocca ferina e sguardo strabico, è posta di fronte nell’atto di indietreggiare. Ha il viso rivolto al passato che appare una catena di eventi, una catastrofe, ma la tempesta impedisce alle ali di chiudersi spingendolo inesorabilmente al futuro a cui volge le spalle. Ciò che chiamiamo progresso è questa tempesta.
Stava lavorando sul concetto di storia. Era in polemica con l’idea di storia che veniva dalla scienza vincente e in irrefrenabile progresso. L’angelo si ritrae dall’insensatezza del mondo, dalla storia che si presenta come cumulo di macerie.
Il movimento reso nel vibrare delle ali resta sospeso. E’ interrotto, in bilico tra un prima e un dopo. La discontinuità non inaugura alcuna epoca nuova. L’angelo è testimone e, come dice la parola, è in grado di raccontare, ma raccoglie solo macerie. Il suo resta un momento decisivo, il kairòs, ma non annuncia nessun evento messianico. A ciascuno si dà il momento, ma ciò che riceve è maceria e parola senza senso. Accade ora, qui, adesso (Jetzt) è atto di inizio, ma non c’è senso. Sempre accade, sempre si attende che accada, ma non c’è giustificazione. Eppure è l’unica possibilità di trasmissione del conoscere, tocca il presente, tocca me, io che vivo. Quel che accade è presa, restituzione, memoria, incarnazione di memoria, ma non sta in una catena di eventi, in progressione. Non c’è storia che procede, si conferma o si scontra, si connette e prosegue.
Qualcosa effettivamente si im-memora. Non si tratta di rammemorare perciò né di rimemorare perché il passato che giunge è macerie. Ogni vita è tradimento di morte, tradimento della possibilità di trasformare o rivoluzionare. E’ fedeltà ai resti, ma semplicemente resto.
Nella tradizione ebraica della cabala si dice che gli angeli nuovi sono tali perché Dio ne genera innumerevoli in ogni istante. Li crea perché cantino la sua gloria, ma sono destinati a dissolversi subito dopo. L’Angelus novus tiene la bocca aperta: forse canta una possibilità di senso per il futuro? O è solo un ghigno?
L’intervento di CARLO SINI
Di rovine e catastrofe parlava Husserl nella Conferenza di Praga di quel fatidico 1935, anno tragico per gli ebrei, e si domandava: “Possiamo vivere in un mondo dove la ragione umana è destinata a trasformarsi in non senso? Possiamo vivere in un mondo dove il divenire storico non è altro che una catena incessante di slanci illusori e amare delusioni?” Husserl lasciava una porta aperta alla speranza.
Benjamin ricorda che “lo storico consapevole smette di lasciare scorrere tra le dita gli avvenimenti come una corona del rosario”. Afferma invece che gli eventi sono in costellazione, differenti ma legati. La nostra epoca è legata alla precedente. Io sono qui ora, costruito in una relazione, sono storia, ricordo. La memoria è sempre adesso, io ri-cordo, tengo nel cuore e racconto, dico il non più e anticipo il dopo. Tengo insieme versi diversi, io e tu, noi i vivi, nell’adesso, insieme, e raccontiamo. Come nel chiasmo la formaXè un incrocio di direzioni. Il passato e il futuro raccolto nel presente. Noi siamo per tutto quello che è capitato prima e si prospetta poi. Noi teniamo il filo della melodia e del canto.
La memoria comunque è ricordo di ciò che non è più. Se racconto dico ciò che non sono più e che è perso per sempre. Nella parola, in questo nostro canto si conserva il perduto, istante dopo istante conserviamo il perduto. Resta il passato con le sue macerie e che è irredimibile. Sarà sempre così e tutto finirà in niente.
Accontentiamoci di questo canto, dell’uomo che c’è e com’è, come possiamo esprimerlo grazie alla cultura e alla poesia.
Sintesi di Mauro Malighetti della lezione di Florinda Cambria e Carlo Sini all’auditorium del liceo Mascheroni di Bergamo (10 maggio 2022) nell’ambito della programmazione di Noesis