Nel XII secolo i rapporti con l’oriente, e in particolare con gli arabi, favorirono, e di molto, la crescita culturale occidentale. Il mondo arabo aveva già assimilato la filosofia e la cultura greca, prima ancora di quanto fece l’Europa, nella quale era stato possibile ricevere la tradizione greca indirettamente, solo attraverso l’opera degli autori latini e dei Padri della Chiesa.
Agli occhi degli occidentali la cultura araba appariva meno vincolata alla tradizione di quanto non fosse la loro, impastoiata nelle Sacre Scritture. Abelardo affermò che ciò che aveva appreso dai maestri arabi era guidato dalla ragione, mentre chi seguiva la tradizione risultava imbrigliato nelle maglie dell’autorità.
La filosofia orientale aveva con quella occidentale dei punti in comune. È anch’essa una scolastica, inoltre cerca di accedere razionalmente alla verità, che non è quella delle Sacre Scritture ma del Corano. Infine, come la filosofia occidentale, anche quella araba vive grazie alla filosofia greca, specialmente al neoplatonismo e all’aristotelismo. Tutto questo spiega l’influenza che il mondo arabo seppe esercitare su quello occidentale. Comunque, nonostante alcuni importanti elementi in comune, le due scolastiche adottarono spesso soluzioni divergenti e inconciliabili.
La cultura araba cominciò ad affermarsi già alla fine dell’ottavo secolo grazie alla traduzione di molte opere scientifiche e filosofiche greche. Ma fu tra l’XI e il XII secolo che fiorì in modo così importante da portare un rilevante e originario contributo allo sviluppo scientifico e alla speculazione filosofica. Nella filosofia araba si possono riscontrare due correnti differenti, una ispirata al neoplatonismo, l’altra all’aristotelismo. Della prima il massimo esponente fu Avicenna, della seconda Averroè.