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Da Dossena si entra in Val Serina, dopo aver dato uno sguardo al ponte tibetano, oggi a riposo, la pedana interrotta a metà. La strada scende a lato del pendio scosceso ancora ricoperto d’erba secca a cui le macchie sempreverdi danno risalto, fino a incrociare la strada che conduce a Oltre il Colle. Sotto si allarga Serina. Un paio di chilometri e si fa piana la valle, Valpiana. Sullo sfondo montagne ancora innevate e l’Arera. Ci aspetta la Chiesa con la scalinata dal portico sui due lati che oggi prende colore dai festoni biancorossi.

La strada non era quella attuale” mi spiega un signore che sta sistemando l’addobbo. “Prima passava più in là, verso l’Alben. Con la mulattiera in due salti eravamo a Serina.” Dossena aveva solo quella strada per arrivare a Bergamo. Dossena fu Pieve per tutta l’Alta Val Brembana dove si andava per battesimi e matrimoni. Poi si costituirono le parrocchie di Lepreno (1449) e Serina, e quelle dei paesi limitrofi, Frerola, Cornalba, Oltre il Colle, Zambla.

La Chiesa di Valpiana è dedicata a San Gottardo monaco tedesco, legato alla riforma del monachesimo benedettino, vissuto attorno all’anno Mille. Il suo giorno è il 5 maggio. Non era di nobile lignaggio. Era un uomo del popolo, abituato a stare e parlare col popolo. Era di spirito generoso, si preoccupava di dare ricovero ai pellegrini. La sua fama si diffuse alla morte. Forse arrivò anche qui, portata da qualche pellegrino devoto.  Dalla Svizzera – allora le montagne non dividevano – o da Venezia? Qualcosa di Venezia si respira guardando queste vecchie costruzioni rimaste, in qualche stemma o ombre di dipinti rimasti. La chiesa attuale fu eretta nel Quattrocento sulle rovine di un oratorio di San Gottardo, nome che in tedesco significa “guerriero di Dio”.

“Oggi Valpiana, che è Comune di Serina, fa 150 abitanti” mi dice una signora seduta fuori dell’uscio a prendere una boccata d’aria (o di sigaretta). “Prima eravamo in 300. Le case le sistemiamo noi, a poco a poco, prima il tetto, poi l’interno, infine la facciata. Ce ne manca ancora un pezzo, quella che vede scrostata. Lo facciamo secondo le regole ovviamente e teniamo in ordine la stradina.”

Le comunicazioni non mancano. L’autobus passa 5 o 6 volte al giorno, per i ragazzi che vanno a scuola e per le varie necessità. “Non si vede gente in giro. Siamo in un periodo morto ma d’estate le case sono piene di vacanzieri, milanesi e bergamaschi, gente che viene da una vita. Non manca il servizio religioso, tenuto conto della carenza di preti. Cerchiamo di risparmiare su luce e riscaldamento usando la chiesetta vicina per le messe feriali, e , quando capita, per i matrimoni o purtroppo i funerali

Una targa è posta sul muro della casa facente funzione di cappella. Ricorda la visita dell’allora Patriarca di Venezia, nell’agosto del 1923, il Cardinale La Fontaine, “venuto a ritemprarsi” così si legge, ”tra queste aure balsamiche”. Chi fosse il Cardinale è facile sapere con un click su Internet. Difficile sapere però chi o che cosa lo abbia condotto qui.

Il padre, di origine svizzera, era approdato a Viterbo in qualità di orologiaio. Si sposò con una donna benestante della città. Una volta ordinato sacerdote fu rettore del Seminario, cappellano delle carceri, vescovo su nomina del veneto Pio X che l’aveva conosciuto. Si fece promotore di soccorsi in occasione del terremoto di Messina (1908). La nomina a Patriarca di Venezia gli arrivò poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia. Continuò ad impegnarsi per i bisognosi. Amico di Don Orione ne sostenne la sua opera anche attraverso un orfanatrofio, poi a lui titolato.  Papa Giovanni che ben conosceva gli angoli della bergamasca e che sostenne la sua causa di beatificazione si sarà sentito doppiamente legato a Valpiana.

Domenica ci sarà la festa di San Gottardo, la sua statua portata in processione. La chiesa è aperta. Luminosa la navata per gustare le raffigurazioni, una Madonna con Bambino e Santi in una cornice dorata e una Pietà.

In bellezza finiamo al Ristorante. Anche lì si racconta la storia del paese, con le foto, l’arredamento, gli ornamenti, i fiori, la presenza del legno, il camino, i tendaggi. Dal menù i casoncelli alla bergamasca con un ripieno di ricotta dal sapore vellutato, scaloppine ai funghi porcini e una crostata di frutta assortita.

Prima di scendere a Serina uno sguardo all’Arera. Era la meta delle più ampie ascensioni di inizio estate. Tra prati di botton d’oro, con l’immancabile vipera tra i sassi del sentiero arrotolata al tepore del caldo giugno e poi lentamente dileguatasi, su a raggiungere il crinale dove era facile incrociare chi veniva dall’Alpe Corte. La prima volta abbiamo faticato a ritrovare il sentiero nella nuvolaglia prodottasi con il condensarsi del vapore caldo in ascesa. Si attraversavano due canaloni innevati e si sbucava in vetta. Fermi e guardare tutto intorno da lassù.

Ci muoviamo e risuona incessante, a intervalli, il canto di cuculo che viene dal fondo del bosco. Una temperatura gradevole, ma poche macchine sulla via come verrebbe da pensare in vigilia di Primo Maggio: “Chi vuoi che ci sia a quest’ora?” mi dice il benzinaio. Già, è vero, sono le tre.


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