Si chiama Briantea. La percorrevano gli eserciti romani quando dovevano tamponare le falle che i barbari producevano sui confini dell’impero, prima lontani poi sempre più vicini e minacciosi. Venivano da est, come i Visigoti e più tardi i Longobardi, da nord per il Brennero come fecero i Vandali di Teodorico, o a ovest per contrastare Alamanni, Franchi, Sassoni. Porta da Bergamo a Como, patria di Alessandro Volta.
Noi passiamo per il ponte di Brivio che allora non c’era perché si attraversava l’Adda a Olginate su una struttura in pietrame e laterizio. L’autunno inoltrato, i raggi del sole che arrivano schermati, la rugiada che insiste sulle foglie esaltano i diversi colori degli alberi.
A Como troviamo a fatica parcheggio nei pressi del Santuario del Crocifisso, cui i comaschi sono devoti, come ci ricorda un veneto che vive qui da cinquant’anni. Ha la grande navata affrescata secondo il gusto barocco, un altare laterale è dedicato a San Gerolamo Emiliani che nel suo girovagare a Merone poco distante aveva fondato la sua Compagnia dei servi dei poveri.
Dal muraglione davanti alla chiesa si indovina l’inizio del centro storico. Le strade si dipartono in orizzontale e in verticale secondo la struttura urbana romana. Scendendo al lago si arriva dritti al Tempio voltiano.
Alessandro Volta rivoluzionò la scienza. Fin da piccolo rispose alle occasioni che gli capitarono. Il marito della balia di Brumate, il monte sopra Como dove si arriva con una funicolare da spettacolo, era un abile costruttore di barometri e termometri. Precocissimo nella curiosità Volta si appassionò presto all’elettricità. Autodidatta, provando e riprovando costruiva da sé gli strumenti, come quelli raccolti qui nel museo: per provocare scintille da una pietra focaia, per rilevare le proprietà del metano, per fornire elettricità, per misurare la quantità di ossigeno nell’aria, per accumulare elettricità, per fare esplodere il colpo di pistola. E poi la famosa pila: dischi di varia foggia e spessore, di rame zinco e panno imbevuto d’acqua salata, dai poli i fili che escono. C’è il quadro che lo ritrae mentre presenta la scoperta a Napoleone. La polemica era stata con Galvani per spiegare i movimenti degli arti della rana: lui sosteneva la proprietà dei materiali nel produrre l’elettricità, Galvani attribuiva la scossa ai nervi della rana.
Davanti al Duomo un’insegnante spiega la facciata agli alunni che dovranno rispondere su fogli precompilati. Tra le informazioni richieste una riguarda i due illustri concittadini romani, Plinio il Vecchio, grande naturalista e autore di un’opera enciclopedica, consultata e studiata per tutto il Medioevo, e Plinio il Giovane, che fu autore di panegirici e lettere. Il nipote ci ha informato di vari protagonisti del tempo e raccontato come morì lo zio. Ambedue si trovavano a Pompei nel momento della eruzione del Vesuvio del 79 a.C. Uomo dedito alla lettura e allo studio, mentre gli altri fuggivano Il Vecchio fu irresistibilmente attratto dallo spettacolo. Non desistette né davanti ai moniti né davanti al pericolo incombente. All’infittirsi dei fumi e della cenere rimase alla fine soffocato, e i servi con lui. Lo scultore Tommaso Rodari, di Maroggia ora Svizzera, ha saputo dare al volto un’espressione tra lo stupore e il dubbio.
Nei pressi c’è l’Episcopio, la casa del vescovo, riconoscibile dallo stemma sul frontone, un cappello “a saturno” e i fiocchi pendenti. Scambio qualche battuta con chi fa le veci di portinaio. Giustifico la mia intrusione di visitatore da Bergamo – “dè süra o dè sota?” – che è un lasciapassare per strappare altre curiosità o confidenze. Bergamo è un brand che gli emigranti hanno portato nel mondo e il mondo ha cominciato a conoscere passando da Orio. Si parla di confini: “strani i confini della diocesi di Como, schiacciata dalla grande diocesi ambrosiana come l’aveva voluta San Carlo; i nostri preti si spostano da Bormio in Valtellina a Cuvo sul Lago Maggiore, salendo fino al confine svizzero, compreso Mandello, enclave nell’altro ramo del Lario”.
Azzurro il cielo e blu il lago. Si lavora a proteggere la città dopo le esondazioni recenti. Una fila di turisti attende al pontile. Si passeggia sulla riva e sul molo; alcuni su una striscia di terra rimasta scoperta per la scarsità d’acqua ma le onde del battello in partenza li fa precipitosamente indietreggiare. Lontano, il giardino di Villa Olmo, a braccia aperte, ci aspetta.
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Mangiare a Como
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