Crema. Non sembrerebbe un giorno ideale per spostarsi sulla bassa pianura. L’umidità aumenta man mano. L’aria si fa brumosa. In lontananza il profilo dei pioppi, un campanile, qualche traliccio sono fantasmi di eserciti che da qui sono passati e di battaglie svolte. Alla storia penso, andando in una città di storia e partendo dal Museo Civico Cremasco.
Dai tempi del Pleistocene, termine che trovo scritto sulle bacheche della prima sala: la comparsa della civiltà, 10.000 anni fa. Sono catalogazioni che si precisano e si complicano con i vari ritrovamenti. Ci troviamo sul percorso del Serio – il fiume lambisce la città – vicino alla sua confluenza con l’Adda. L’Oglio parrebbe avvicinarsi per poi piegare verso est e andare per suo conto nel Po. Il suolo è stato trasformato da questi corsi d’acqua con un lavoro incessante. La roccia ci sarà, ma ben sotto; sopra è rimasto terreno ghiaioso, sabbioso, melmoso. Sono state ritrovate ben conservate antiche imbarcazioni scavate dagli antichi abitatori nel legno di tronchi d’albero ed esposti in una sala (Sezione di Archeologia fluviale).
Un terreno così, pianeggiante e ricco di acqua, non poteva che essere un posto ideale di grandi coltivazioni di cereali. Qui avvennero le centuriazioni romane, le divisioni di appezzamenti che i consoli vincitori attribuivano ai soldati come mercede di guerra nelle lotte di conquista, soprattutto dopo la vittoria su Cartagine.
Crema non ha la parvenza di città agricola, ma aristocratica, piena di palazzi e case signorili. L’agricoltura è nata intorno, ha nutrito e arricchito la classe dei proprietari terrieri residenti. Al mondo contadino hanno dedicato una sezione – non mancavano gli spazi – in questo ex Convento di S. Agostino dove è alloggiato il Museo. E’ un’esposizione di oggetti del vivere quotidiano del mondo contadino, dei nonni e bisnonni: madia, arcolaio, culla, lavabo, tavolaccio, attrezzi di lavoro, banco del falegname, tegami da cucina, arnesi per impastare, far polenta, tortellini, salse, dolci. Attira sempre la curiosità delle scolaresche che lo visitano. A voler essere pignoli le case contadine di una volta erano più parche, l’indispensabile che il contadino si tirava dietro in caso di “sanmartino” come si vede nella scena finale del film di Olmi “L’albero degli zoccoli”. Così aveva fatto mio nonno, dopo un diverbio in famiglia: caricò tutto sul carretto, dietro la moglie e i quattro figli, il più grande dei quali aveva 13 anni, e si trovò un nuovo padrone.
Crema è città dal passato glorioso e travagliato. In epoca medievale si trovò coinvolta nella lunga controversia che oppose Papato e Impero, amica di Milano e nemica di Cremona, amica dei Comuni della Lega lombarda e nemica di Federico il Barbarossa che la punì ferocemente come ricorda una lapide all’entrata di Porta Serio. La città fu messa a ferro e fuoco (1159) perché alleata della ribelle Milano e contro la ghibellina Cremona. L’episodio si ritrova in un dipinto di Gaetano Previati (1879).
Il Museo diventa anche Pinacoteca e raccoglie opere di artisti locali come Aurelio Buso, Il Caravaggino, Giovan Battista Lucini, fino ai ritrattisti e paesaggisti degli ultimi due secoli (Conti, Manini, Enrico Martini, Arata, Federica Galli). A volte contengono particolari scorci cittadini. Ci sono vecchie carte geografiche, documenti, stampe. Invogliano a girare per le strade e a visitare quei luoghi dove gli artisti si sono espressi al meglio: la Chiesa di San Benedetto, San Bernardino, ovviamente la Cattedrale (foto) e la Basilica di Santa Maria della Croce (foto), sulla strada per Bergamo.
Una sorpresa è stata la Sezione di Arte organaria. Si impara a conoscere l’organo, lo si vede smontato, con i rulli su cui si arrotolavano le lamine per le canne, i forni, i mantici per pompare aria. Ci sono brandelli della bottega artigiana, dalla fusione dei metalli, ai quadranti coi fori per collocare le canne, le pedaliere, le rifiniture ornamentali. Si capisce quali competenze si raccoglievano attorno. Sono nate generazioni di organari, come da noi i Bossi e i Serassi, là i Tamburini e gli Inzoli, tutt’ora operanti.
Alla fine uno sguardo al refettorio del convento per ammirare la spettacolare Crocifissione del pittore bresciano Giovan Pietro da Cemmo (1507). Tante cose che aiutano a capire la città.