Una mostra che corona un lunghissimo percorso artistico iniziato da giovane, in alta quota, a catturare con la sua “Bencini” l’incanto delle nostre montagne. Francesco Mangili, 75 anni di Valbrembo, ha aperto domenica alle 10.30 nella chiesa vecchia di Almè (in occasione della festa dell’Aido) la personale intitolata “Albero. Tavolozza della Natura”. Trentatre ritratti di alberi che più che fotografie sono “un disegnare con la luce” come ha scritto il critico Marco Iannucci nella presentazione della mostra di fotografia. “Nei boschi che si aprono dietro la Madonna della Castagna – sottolinea Mangili – ho trattato gli alberi come se fossero persone e come artista altro non potevo fare che ritrarli”. Gli scatti si presentano come pennellate di colore non rinchiuso in nessun contorno prestabilito. Le tonalità fuggono dalle forme stereotipate e determinano la dinamica di tutta l’immagine. Nessun artificio digitale è stato utilizzato, ma tutto quello che si osserverà è frutto dello scatto fotografico, di un certo modo di usare la fotocamera da parte di Mangili. Nessuna aggiunta o modifica successiva. “Anche in questo senso – sostieni Iannucci si può dire che egli ha dipinto con la luce, e nient’altro che la luce. C’è stato il suo gesto, che ha determinato tutto, come accade nella pittura che si chiama gestuale”. Mangili è orgoglioso di quanto ha prodotto e ringrazia il parroco di Almè, don Mansueto Callioni, di avergli concesso ospitalità confermando “una sensibilità profonda per la cultura”. Di famiglia contadina Mangili si è avvicinato all’arte a 13 anni grazie all’allora parroco di Sombreno, don Angelo Rota. “Era in cima ad una scala che metteva pezze su un muro dipinto. Mi chiese se capivo che cosa stesse facendo. Al mio “no” mi spiegò che stava strappando un affresco perchè lasciarlo dove era si sarebbe rovinato”. Così il senso della bellezza ha catturato Mangili.
Da escursionita grintoso (nei momenti liberi che il lavoro di elettrotecnico alla Magrini gli concedeva) ha “rubato” profili al Monte Bianco, al Monte Rosa e a “quella incantevole montagna della Presonala” assieme al Coca, al Gleno, al Pizzo del Diavolo. Fotografie che lasciano incantati appese sui muri nella casa tra i vicoli della Ossanesga vecchia. Rocce, licheni, zampilli d’acqua, contrasti cromatici sono composti ad arte per “dare voce alla natura che sempre ci parla”. Tra i suoi libri fotografici troviamo, per spessore sia fotografico che storico, i due volumi su Valbrembo che documentano la trasformazione del paese in 540 foto. Un’opera che pochi comuni in Bergamasca possono vantare di possedere. Negli anni ‘90 Mangili, come presidente del Gruppo Artistico Valbrembo, ha convinto sette artisti bergamaschi (Mino Marra, Maribea Bonzani, Simone Morelli, Franco Normanni, Angelo Capelli, Alessandro Verdi e Calisto Gritti) a realizzare sette santelle distribuite lungo la scalinata che sale al Santuario della Madonna Addolorata di Sombreno. Sono ispirate ai Misteri Dolorosi del rosario. Un’iniziativa che ha coinvolto i ricercatori di storia locale Pietro Gritti e Luigia Angeloni e l’allora presidente del Parco dei Colli, Battista Bonfanti. Nel suo diario Mangili ha annotato 143 iniziative e una settantina di mostre. “Quella dell’anno scorso, sempre ad Almè, che documentava fotograficamente i vari passaggi che si susseguivano nella creazione della statua di Papa Giovanni XXIII per il Duomo di Bergamo ad opera di Alessandro Verdi è stato un formidabile successo di pubblico”. L’attuale mostra resterà aperta fino a domenica 27. Gli orari: da lunedì a venerdì (16-19-30); sabato e domenica (10-12.30, 16-19-30).