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Negli ultimi 10 anni l’Italia ha perso 250˙000 abitanti. Sembra impossibile, con tutti i discorsi che si sono fatti circa «l’invasione» che abbiamo subìto da parte di immigrati di varia origine, ma il fatto accertato è che sono stati tantissimi di più gli italiani che sono andati all’estero. Gli invasori siamo noi. Il dato proviene da studi della Fondazione Leone Moressa che saranno presentati compiutamente tra qualche giorno, l’8 ottobre. Un’anticipazione l’ha intanto pubblicata Vladimiro Polchi, su la Repubblica cartacea del 29 settembre, e il quadro che ne risulta è come minimo interessante.


A partire da quel numero, 250.000: che non è il totale degli italiani che si sono trasferiti all’estero, bensì la differenza tra coloro che sono arrivati e coloro (molti di più) che se ne sono andati via. Questa differenza sembrava fisiologica nel 2009, quando erano 9.400, ma è via via aumentata e dal 2015 è costantemente sopra i 33.000, con una punta di 38.800 nel 2016.

Se è chiaro il motivo per cui tanti stranieri, dal Nordafrica o dal Medioriente, scelgono di venire in Europa (fuggire da guerre e sottosviluppo economico per dare un futuro migliore a se stessi e ai propri figli) è chiaro anche il motivo per cui tanti italiani vanno via: sono troppo capaci rispetto a ciò che il loro Paese è capace di assorbire. Sono esseri umani che sanno di poter trovare un futuro migliore lontani da dove sono nati. Tanti di loro, infatti, sono giovani (tra i 15 e i 34 anni d’età) che in Italia non trovano lavoro – la percentuale di essi che ci riesce è intorno al 17%, praticamente 1 su 6. Quando emigrano, invece, un lavoro lo trovano nel 51% dei casi, in pratica 1 su 2.

Una prima interpretazione di questi dati l’ha fornita Asher Colombo, docente di sociologia all’università di Bologna, anche lui su la Repubblica del 29 settembre. In sintesi, nella fascia decisiva per la formazione della società prossima ventura, l’Italia sta importando braccia, ovvero manodopera, e sta esportando cervelli, ovvero qualità. Poiché i cervelli producono più ricchezza rispetto alle braccia, il saldo economico attuale di questi flussi migratori è di 16 miliardi di euro in meno all’anno. Ma è destinato ad aumentare di molto. Cioè, in sintesi brutale, una nazione che si era abituata a essere tra le più ricche al mondo sta gradualmente perdendo questo status a causa della perdita di troppe persone che quella ricchezza sarebbero in grado di produrla.


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Guido Tedoldi

Nato nel 1965 nel milieu operaio della bassa Bergamasca. Ci sono stato fino ai 30 anni d’età, poi ho scelto di scrivere. Nel 2002 sono diventato giornalista iscritto all’Albo dei professionisti. Nel 2006 ho cominciato con i blog, che erano tra gli avamposti del futuro. Ci sono ancora. Venite.

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