Dopo essere stato nel monastero di Venuvana il Buddha tornò a Rajgir dove incontrò il re che gli chiese un vaticinio * in vista della guerra che aveva in mente di muovere alla repubblica dei Vriji. Il Buddha rispose che non ci sarebbe stato nulla da temere se questi avessero continuato ad adeguarsi alla tradizione assembleare e il popolo fosse rimasto contento. A quel punto Buddha salì in cima al Picco dell’Avvoltoio e illustrò ai monaci le quarantanove regole che avrebbero dovuto rispettare per mantenere in vita il sangha.
Tali norme sono principalmente basate sulla disciplina mentale e fisica, la cortesia e il rispetto verso gli insegnamenti del Buddha, e l’equilibrio tra la vita monastica e il mondo esterno. Alcune delle regole includono l’obbligo di rispettare e praticare i Cinque Precetti: non uccidere, non rubare, non mentire, non indulgere in attività sessuali inappropriate, e non assumere sostanze che offuscano la mente; inoltre: rispettare i Superiori anziani; non possedere o usare denaro; vivere in povertà e dipendere dalla donazione di cibo e vestiti; non fare uso di oggetti di piacere: come cuscini morbidi o coperte pesanti; non guardare le donne con desiderio sessuale; non fare false affermazioni sulla propria pratica spirituale; non essere aggressivi o violenti; non mentire; non causare divisioni nel Sangha ma lavorare per mantenere l’unità e l’armonia all’interno della comunità.
Lasciata Rajgir Buddha e i monaci si spostarono verso settentrione, continuando a predicare e a convertire nuovi monaci. Quando il grande maestro giunse sulla sponda settentrionale del Gange pronunciò una celebre frase:
«Mi accadde di attraversare questo fiume su una navicella; oggi non conviene che col mezzo medesimo torni a passarlo. Il Buddha è ormai maestro nel trasportar gli uomini all’altra riva; perrocchè insegna a tutti il modo di traversar l’oceano delle esistenza ** »
Dopo essersi insediati nella sponda settentrionale del fiume una sciagura si verificò sul gruppo dei monaci, malattie e carestie infuriarono ed essi furono decimati. Arrabbiati ed impauriti, i monaci chiesero al Buddha come fosse possibile che i suoi fedeli fossero morti. Buddha rispose che quella non sarebbe stata la loro ultima esistenza, che sarebbero rinati e sarebbero giunti alla perfezione.
«Tutti i viventi moriranno; come in pari modo tutti i buddha dai tempi passati fino al presente sono ormai nel Nirvana: e oggi a me, fatto Buddha, spetta la stessa sorte ***»
Nel periodo successivo Il Buddha decise di soggiornare nei pressi di Vaisali dove imperversava una terribile carestia. Così, per non pesare sulla popolazione locale ordinò ai monaci di disperdersi in tutte le direzioni. Solo il monaco Ananda rimase con lui. In quell’occasione il Buddha gli annunciò che entro tre mesi sarebbe entrato nel parinirvana ****, (cioè sarebbe morto). Gli ordinò anche di ricordarsi tutti i suoi discorsi e di ripeterli ai monaci semmai li avessero dimenticati.
Giunto nella città di Pāvā venne invitato a pranzo da un fedele di nome Cunda. In quell’occasione tenne un discorso ammonitivo rivolto ad alcuni monaci i quali “sono malvagi come le erbacce in un campo”, inoltre affermò che l’eccellenza di una persona non proviene dalla veste che indossa ma dal cuore. Lasciata la casa di Cunda il Buddha ebbe un malore e chiese dell’acqua. Il suo stato di salute peggiorò rapidamente e, sentendo la fine vicina, affermò alle persone che gli stavano vicino e che gli chiesero di allontanare la sua estinzione:
«Come le case degli uomini, col lungo andare del tempo, rovinano, ma il suolo dove erano resta; così resta la mente del Buddha, e il suo corpo rovina come una vecchia casa. *****»
I monaci chiesero al Buddha quali fossero le ultime volontà in merito alle spoglie. Il grande maestro dopo aver risposto, pose loro una domanda chiedendo se vi fossero ancora dei dubbi in merito alla dottrina, essendo tale circostanza l’ultima occasione per poterli dissipare. I monaci risposero che non avevano alcun dubbio in merito agli insegnamenti ricevuti.
A quel punto venne allestita una stanza appositamente per lui, Buddha ringraziò e pronunciò le sue ultime parole:
«Handa dāni, bhikkave, āmantayāmi vo: “vayadhammā saṅkhārā appamādena sampādethā”ti.». «Ricordate, o monaci, queste mie parole: tutte le cose composte sono destinate a disintegrarsi! Dedicatevi con diligenza alla vostra propria salvezza!»
Dopodiché si distese a terra su un tappeto di fiori di loto e, attorniato dai suoi seguaci, chiuse gli occhi per sempre, senza alcun segno di sofferenza. Aveva ottant’anni.
Cunda, che aveva servito il Buddha durante la sua ultima cena, si sentì profondamente addolorato per la sua morte e si accusò di essere stato la causa del decesso del maestro.
Tuttavia, il Buddha, prima di morire, lo aveva rassicurato dicendogli che la causa della sua malattia non era la sua cucina, ma un incidente karmico da lui causato in passato. Dopo aver ascoltato quelle parole, Cunda si riscattò dalla sua colpa e divenne uno dei primi missionari del buddhismo ******.
* Un vaticinio è una previsione o una profezia, spesso di carattere divino o di origine soprannaturale. Può anche essere una previsione basata su osservazioni o analisi e interpretazioni di dati. In genere, un vaticinio è una predizione che si ritiene sia destinata ad avverarsi in un futuro più o meno lontano.
** Fonte Wikipedia
*** Fonte Wikipedia
**** Con questo termine viene esposto il concetto di cessazione dell’esistenza da parte di un Buddha.
***** Fonte Wikipedia
****** Cunda fu anche importante nella diffusione del Tripitaka, la scrittura buddhista canonica, in quanto a lui fu affidato il compito di riunire i monaci e i laici per trascrivere i testi originali del Buddha dopo la sua morte. La tradizione buddista venera Cunda come un esempio di umiltà, servizio e devozione al Buddha e alla sua dottrina.