Biondi immobiliare

Davanti ad una non ben definita immagine il nostro cervello si concentra su alcuni elementi. La faccia anzitutto, che può essere la forma, e poi il colore dei capelli, la bocca, la postura, l’andamento. Il nostro cervello plastico attribuisce somiglianze con il già visto o vissuto, mette in ordine. Funziona a rete, come un hub. Tiene conto del contesto, delle esigenze, degli umori. Nel confronto impara e memorizza. Certe azioni faticosamente apprese, per esempio le prime lezioni di scuola guida, diventano gesti automatici. Io nasco con informazioni che vengono dal mio genoma. Il mio cervello distingue, organizza, forma un’enciclopedia, per poi formulare ipotesi che anticipano la realtà.

Con la mente percorro non solo il presente ma risalgo al passato e precorro il futuro. Immagino: come poteva essere la vita dei primitivi? Come potrebbe essere il mondo se avesse vinto Hitler? Immaginando mi comporto in un certo modo, seguo una morale. Recependo messaggi – una montagna oggi – seguo la moda, avverto impulsi, provo emozioni e paure. La paura contagia, come fu documentato nella Metropolitana milanese. All’indomani dell’atto terroristico con il gas nervino nella Metropolitana di Tokyo, trent’anni fa, che fece 13 morti e migliaia di ricoverati. Si osservò che le persone si scansavano davanti a facce o gesti sospetti.

Il cervello processa e mi mette in allarme, dentro e fuori me. Percepisco e decido se è interessante o no quel che ho davanti, sia cosa o cibo, gesto, azione, fatto, situazione. Mi percepisco in relazione al mondo. In tal modo costruisco la mia identità. Nel cervello si accendono o si spengono aree diverse. La pubblicità fa leva su ciò, spinge a provare o comprare, che si tratti di Nutella o Coca Cola, scegliere il ristorante di sushi o calzare le Nike.

Dalle neuroscienze si sono compresi meglio i successi o le disfunzioni della personalità. C’è il depresso o chi è preso dal “mal di vivere”, persone che si isolano o si comportano in maniera aggressiva. La costruzione del sé può essere distorta: non sono padrone di me stesso, mi vedo come gli altri mi guardano, mi adeguo a quel che propongono i mass media. In dialogo con il mondo intorno ma talvolta in modo distorto e in modo distorto vediamo la realtà che ci circonda. La signora non si sente più a proprio agio nel proprio corpo e ricorre alla chirurgia estetica.

Il cervello si attiva davanti alla realtà, attiva diverse aree secondo quel che trova familiare o estraneo. Percepiamo luoghi, persone, cose, secondo la nostra storia, la nostra memoria: torna la voglia di pizza, il piacere di una partita a calcetto, di riascoltare una certa canzone. Emozioni che si agganciano al felice passato.

La nostra identità non è fissa, cambia con gli accadimenti. Divenne un caso storico la disavventura capitata all’operaio statunitense Phineas Gage, quando in seguito ad uno scoppio nel trafficare tra i binari una barra di ferro gli perforò il cranio. Sopravvisse ma la sua personalità fu stravolta, non fu più lo stesso: prima diligente e morigerato poi intrattabile e incostante.

Noi in relazione agli altri, il bimbo in relazione alla madre: “prova gioia nell’essere nascosto, è una tragedia se non è trovato” (Donald Winnicott). Il sé può sentirsi in pericolo e diventare violento. Noi nascondiamo pezzi spiacevoli del nostro io. Li costudiamo gelosamente e se scoperti reagiamo con rabbia, gelosia o invidia. Si stampano in noi i moniti ricevuti nell’infanzia, il padre che dice al figlio: “fai in modo di non deludermi” oppure “che non mi debba vergognare di te”. Così da ombre sorgono incubi. Proiettiamo i nostri fantasmi sugli altri ed esplodiamo in pregiudizi o comportamenti irrazionali. Il rapporto io e tu ci fa crescere purché non ci sentiamo invasi o prigionieri. Hegel parlava di rapporto servo-padrone, un rapporto impari. Se ne esce ribellandosi, sostituendosi all’altro oppure, più positivamente, ricostruendo l’uguaglianza.

La vera identità sta nel confrontarsi con l’altro. Confronto e riconoscimento funzionano anche per l’opera d’arte. L’opera richiede la nostra risposta, il nostro completamento: il bacio di Amore e Psiche nella scultura di Canova, la tela Guernica di Picassodavanti alla qualeci sentiamo smembrati, lacerati dentro noi e per il tempo che viviamo. Le neuroscienze ne hanno dato conferma con la scoperta dei neuroni specchio: nel vedere quel che gli altri fanno, il nostro cervello si attiva come se noi stessimo compiendo le stesse azioni.

Non viviamo solo in una società liquida, secondo la suggestione del sociologo Zygmunt Baumann; anche la nostra identità è fluida, si fa e si struttura. Si consolida nel racconto, si disgrega nelle suggestioni spezzettate, si blocca nella massificazione ideologica e devia nelle esperienze di alienazione, si costruisce nel dialogo personale, nella crescita culturale, nell’armonica convivenza.

Identità in costruzione: abbiamo la vita davanti. Sono appropriate le parole di Sant’Agostino: “la felicità è desiderare ciò che non si ha, ma anche tendere con speranza a ciò che non si possiede ancora, perché l’anima vive proiettandosi verso il futuro”.

sintesi della relazione di Gabriele Zanardi
IDENTITÀ E ALTERITÀ’. VIAGGIO TRA MENTE, PENSIERO E CREAZIONE
Bergamo, Auditorium Liceo Mascheroni, 13 gennaio 2025 
all'interno del Programma Noesis 2024/2025

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