Leibniz nello scambio epistolare con il newtoniano Clarke spiega il principio di identità degli indiscernibili con un aneddoto. Riguarda la nobildonna di Hannover, altra corrispondente di Leibniz, che aveva la passione per i giardini. Voleva trovare due foglie di acero identiche. Pensava di averle trovate ma identiche non erano. C’è una irriducibilità tra gli enti: se identici sarebbero il medesimo. Non c’è ente identico. E ciò è già un monito al mito della globalizzazione di oggi tesa a omologare e cancellare le differenze. Leibniz dice che perché si diano differenze occorre la pluralità degli enti. Ogni ente si dà in quanto si differenzia. Ogni ente ha il suo quid pur nel flusso del divenire, altrimenti non ci sarebbe possibilità di identificare l’ente e tutto si confonderebbe.
“Nello stesso fiume non è possibile tuffarsi due volte, ma nemmeno una volta, mai essendo lo stesso fiume”. La frase è scritta da Cratilo come l’espressione panta rei (tutto scorre), ma riporta il pensiero del maestro Eraclito. Il sociologo contemporaneo Zygmunt Bauman parla di “modernità liquida” dove le differenze si confondono. Inutile la battaglia per la tutela delle differenze, anzi foriere di violenza e instabilità. Gli fa eco Amartya Sen con lo scritto Identità e violenza: si costringe l’ente in gabbia. E così Francesco Remotti nel saggio Contro l’identità (1996).
Ma non si deve confondere l’organo con la malattia, direbbe un buon medico; il polmone non è responsabile della polmonite. Pretendere una civiltà identica è concepirla come il mare, una società talassica, a differenza della terra che offre varietà. La società della tecnica porta all’omogeneità; invece resistono le culture e i confini. Per Hegel la verità è divenire, lo Spirito è nella storia e avanza con la storia. Si oppone alla morale kantiana della legge universale a cui dobbiamo rispondere: c’è l’individuo, con la sua concretezza, il suo radicamento. L’intelletto illuministico o ragione, è astratto, distingue e separa e non è in grado di fare l’intero. Questo sostiene nel periodo giovanile. Più avanti precisa. L’uno si comprende in riferimento all’altro, separato e connesso, identico a sé e differente da altro. La grecità sottolineava l’elemento talassemico, il mare, simbolo di apertura ma anche rischio di illimitatezza. Il Cristianesimo invece vede la scissione, come già l’Ebraismo, Dio è il totalmente altro, ma la supera con un principio organico, Dio è amore che unifica. Il Regno di Dio è qui in terra (Holderlin), Cristo è il divenire uomo di Dio.
Hegel è in contrasto con Schelling sulla concezione dell’Assoluto: con l’Assoluto non si perdono le differenze né la totalità è dimentica delle parti: “la notte in cui tutte le vacche sono nere”. Le parti non spariscono né si confondono ma si compongono, con-crescono, con-crete appunto. Il vero è l’intero (Das Wahr ist das Ganze), in processo, che richiede tempo per attuarsi e solo alla fine diventa vero, anche se le premesse c’erano già. L’idea si concretizza nel tempo, come Dio nella creazione. Il vero diviene, av-viene. La filosofia, che si occupa del vero, è il proprio tempo, ossia ciò che si verifica, appreso nel pensiero.
Sul piano politico Hegel critica l’Illuminismo, che è un universalismo astratto. Cultura e popoli ridotti all’universale umano che in fondo è livellamento. Si perdono le specificità delle culture. L’universale è nella concretezza, nella determinazione dei popoli e dei loro linguaggi. La pluralità delle culture è la modalità con cui Dio cammina nella storia. Non si ama l’umanità, si amano persone concrete. Non incontriamo l’Uomo ma tedeschi, italiani, francesi.
Oggi si parla di dialogo interculturale negando la propria cultura. Che dialogo è? Teniamo conto dell’idea di confine (Schranke) che è diversa da quella di limite (Grenze). Il confine è una soglia che distingue e insieme mette in relazione. Sui può finire nella violenza, sconfinare o mettere muri, e allora si diventa preda o carnefice. Ma si può negoziare: io riconosco la tua identità, tu la mia.
Nella Genesi c’è l’episodio della Torre di Babele. Il tema è quello della ubris (tracotanza): gli uomini vogliono andare oltre, fino al cielo, disconoscendo i propri limiti. Dio li punisce. Come? Facendoli parlare in lingue diverse, ossia ristabilendo la pluralità delle culture. La tentazione babelica si ripropone nella nostra civiltà della tecnica: si vuol rendere omologato il mondo, un mondo senza confini. Questo significa andare oltre la propria natura. L’ideologia del medesimo nega la relazione. Global culture!? ma la cultura esiste in mosaico. Il mondo è globale ma le culture differenziate.
sintesi della relazione di Diego Fusaro
IDENTITA’ E DIFFERENZA. LEIBNIZ, HEGEL E NOI
Bergamo, Auditorium Liceo Mascheroni, 21 gennaio 2025
all'interno del Programma Noesis 2024/2025