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Lo studio ha per titolo «I danni climatici causati dalla guerra della Russia in Ucraina» ed è stato presentato alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Bonn dal gruppo di ricercatori guidato dall’olandese Lennard de Klerk. I dati raccolti si riferiscono ai primi dodici mesi di conflitto e sono impressionanti.

I danni totali all’ambiente, a fine aprile, sono valutati intorno ai 52 miliardi di euro. Le bombe hanno colpito raffinerie (60 solo dopo 4 mesi di guerra), depositi di carburante, capannoni, circa 900 impianti industriali. Distrutti molti centri di depurazione delle acque e dighe. In totale nel primo anno di guerra ci sono stati 6.288 incendi, con 670mila tonnellate di gasolio e benzina andati in fumo. Sono stati bruciati 57mila ettari di foreste solo nei primi 6 mesi. Poi ci sono le conseguenze degli attacchi alla rete elettrica: per fronteggiare la mancanza di elettricità sono stati importati 120mila generatori diesel. Inoltre i bombardamenti hanno messo fuori uso il 90% delle pale eoliche e il 50% dei pannelli solari, che producevano l’11% dell’elettricità nazionale. Colpiti gli impianti elettrici, saltano i depuratori e i liquami non filtrati vanno nei fiumi che finiscono nel Dnipro, che tocca il delta del Danubio e le sue immense oasi tutelate.

In alcuni momenti, tra novembre e dicembre 2022, quasi 16 milioni di cittadini non hanno avuto accesso all’acqua potabile. Nell’acqua sono finiti i residui dei bombardamenti di 900 impianti industriali, chimici e acciaierie: piombo, bauxite, mercurio, uranio impoverito, soda caustica, zinco, nichel, sostanze altamente tossiche, entrano nel Mare d’Azov e nel fiume Dnipro, che sfociano entrambi nel Mar Nero, che a sua volta confluisce nel Bosforo e alla fine nel Mediterraneo. I ricercatori sostengono che la fauna ittica è stata quasi completamente uccisa fino alle coste della Crimea. Inoltre l’Ucraina è diventata il più grande campo minato del mondo: si ritiene che 174mila km quadrati siano infestati dalle “bombe silenziose”. È una superficie pari a sette volte la Lombardia: come se metà Italia fosse stata trasformata in un mostruoso tappeto dove ogni passo può essere letale. Le Nazioni Unite preventivano che ci vorranno 37 miliardi di euro per completare la bonifica. Lo scorso 4 aprile i funzionari dello United Nations development program hanno lanciato un allarme: nelle zone minate vivono oltre 14 milioni di civili. Un terzo dei campi agricoli ucraini non è lavorabile, circa il 25% delle aziende agricole ha chiuso. Oltre 12mila km quadrati di riserve naturali sono andati distrutti o si trovano nelle zone di guerra contese tra i due eserciti, mettendo a rischio 600 specie di animali e 750 di piante: un vero «ecocidio».

(Nella foto, ciò che resta della cittadina ucraina di Marinka: aveva 10mila abitanti, ora è una distesa di macerie)

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Andrea Valesini

Giornalista professionista. Caporedattore de L'Eco di Bergamo.

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