La Val Borlezza si vede salendo per i tornanti di Bossico. La strada costeggia pareti rocciose, piega all’interno. L’orizzonte si allarga, si lascia dietro qualche cascinale circondato dal prato, si fa meno ripida e all’improvviso con il cartello “Benvenuti” appaiono le prime case.
Bossico è nato e cresciuto sull’altipiano, ancora mille abitanti dove le case hanno balconi in fiore, finestre spalancate, giardini ben tenuti, le macchine fuori dal garage ed è all’opera qualche cantiere. Tutto fa pensare a vivacità. I preti qui sono nominati dal Vescovo di Brescia e la Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo è parata per la festa.
Il mio pensiero è alla Val Borlezza. Un cartello turistico indica un punto panoramico, che non è certo il solo. Da qui vedo la valle del torrente omonimo che scende dal pianoro di Clusone, prende forza prima della conca di Sovere dove rallenta fino a lambire il lato porta in Val Cavallina, quindi con nuovo vigore aggira le sporgenze che lo separano dal lago e passando tra la Forra del Tinazzo sbuca a Castro, in parte a Lovere.
800 mila anni fa l’Italia e il Mediterraneo avevano la fisionomia di oggi, non le nostre valli e non questa valle. Da queste parti non si aggirava ancora l’homo né sapiens né quello di Neanderthal. Erano tempi di grandi glaciazioni a cui seguivano periodi di innalzamento delle temperature, piogge torrenziali, continui dilavamenti dei rilievi e del territorio, con frane e trasporto di materiale e ghiaia.
I ghiacci scendevano dalla Valcamonica, invadevano la Val Cavallina, risalivano dalla Val Borlezza fino a Clusone. Scavavano, spianavano, levigavano, non tutto come testimoniano certi isolati cocuzzoli come il Crosio o Montisola che affiora dal Sebino. Trasportavano blocchi e detriti da instancabili lavoratori. Ritirandosi lasciarono avvallamenti che divennero laghi. Anche a Sovere, dove il bacino presto si riempì d’acqua che incessantemente scendeva dalla Presolana, dal Blum, dal Pizzo Formico finché traboccò e si riversò nel lago rimasto. Intanto cresceva attorno e mutava la vegetazione. Il fondo del lago di Sovere, come un fedele amanuense, accolse e registrò i cambiamenti per 20mila anni, quanto durò il lago. C’erano fiori foglie semi, ora di una vegetazione tropicale ora di quella alpina. A climi siberiani seguivano temperature tropicali. Quello che si riversava in acqua andava depositandosi sul fondo, diventava limo, l’ultimo strato ricoprendo quello precedente, il tutto indurendosi diventava roccia, un foglio (varva) sull’altro, anno dopo anno, di stagione in stagione.
Gli studiosi l’avevano già capito nell’Ottocento. Quando arrivò la frana in località Sellere gli strati affiorarono ed anche il profano poteva accertarsi che la roccia caduta alla base si squamava ed apparivano sagome di foglie, pigne, semi, pollini, alghe, molluschi. Due ricercatrici rinvennero vent’anni fa i resti di un cervo, una specie estinta. La notizia occupò le pagine dei giornali e arrivarono studiosi da tutto il mondo. Si trattava di un cervo acoronato, così detto per le due sole punte sopra la fronte. E’ stato ricomposto nel Museo di scienze di Città alta e gli è stata riservata una sala.
Nel parcheggio del campo sortivo di Pianico-Sellere ho incrociato una giovane donna, in perfetta attrezzatura trekking, anche lei a esplorare strati e luogo del ritrovamento. Fa da guida a scolaresche o a gruppi di appassionati di scienze. E’ risalita dall’apposito percorso creato con palizzata e gradini in pali di legno ma il posto del ritrovamento del cervo non l’ha ancora trovato. “Non è segnato bene o forse l’erba cresciuta l’ha nascosto. Sotto il roccione sono evidenti le righe di carbonato di calcio, come gli anelli di accrescimento per gli alberi secolari”. Viene da Brescia ed io da esterofilo elogio la sua città e le sue bellezze. “Venga a visitare le piramidi di Zone” e mi ricorda i percorsi visitati nella bergamasca. Sono sguardi e suggerimenti che preludono a istruttivi sconfinamenti tra le due province nell’anno del gemellaggio di Bergamo-Brescia a capitale della cultura?
Nel pianoro creato dal torrente è stata allestita una confortevole area pic nic con il tabellone di spiegazione. Merita di essere divulgato e visitato, non solo in età scolastica.
Parlo con un signore venuto da Crema che ha appena consumato uno spuntino tolto dallo zaino. Ha i pantaloni inzuppati perché ha risalito il corso per un tratto, piacevole refrigerio della giornata afosa. Conosce il posto e mi raccomanda la cascata al Santuario della Torre. Siccità permettendo!
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