La scrittura è sempre stata fin dalle sue origini protagonista nel raccontare e nel descrivere la storia dei popoli. Una testimonianza che ci ha permesso di essere in contatto col mondo antico sconosciuto ma storicamente presente. Se ad esempio noi possiamo conoscere la storia dei greci e dei romani, lo dobbiamo a chi ha messo su carta le esperienze vissute ed è grazie ad essa che sappiamo quanta sofferenza l’uomo ha dovuto pagare per arrivare dove siamo giunti. Peccato che ogni passaggio, rinnovamento, rivoluzione o cambiamento abbia sempre portato, insieme alla trasformazione, un livello di sofferenza pari all’importanza del miglioramento. Sembra quasi che la storia dell’uomo ripeta quella dell’universo che, espandendosi e contraendosi, crea le premesse per possibili catastrofi.
Quello attuale è appunto un “passaggio catastrofico”, un avviso alla piccolezza dell’uomo che basta un microscopico virus per rendere precaria la sopravvivenza. Tutto ciò porta alla riflessione su ciò che avevamo e che pensavamo di poter tranquillamente gestire come padroni indiscussi: avidità, consumismo, potere, una comunicazione falsata, la famiglia allo sfascio, e tante situazioni che eravamo capaci solo di criticare teoricamente senza però mai incidere con un cambiamento. Pensiamo ai nostri giovani protagonisti nel bene e nel male già da piccoli, irrispettosi e violenti, ribelli ad oltranza e padroni di un mondo mediatico di cui invece sono solo schiavi.
Così la famiglia non ha più l’unità affettiva di una volta: chi ancora usa dare il bacio della buonanotte a papà e mamma? Verrebbe certamente deriso come deriso è per molti la recita delle preghierine della sera, magari tutti insieme. La cena stessa non è più un momento di aggregazione ma un sedersi disordinato attorno a un tavolo o addirittura una frammentazione di orari e di luoghi. Mi diceva padre Balducci negli anni sessanta: “La Comunione (CON-UNIONE) più spontanea è quella che si fa in famiglia attorno al tavolo per la cena”.
La quarantena che dobbiamo rispettare in questa crisi, restando in casa, forse potrà permettere un recupero del valore degli affetti, tanto necessari quanto il cibo che mangiamo. Baci e abbracci torneranno ad avere il sincero significato di una comunicazione affettiva. Ma perché ciò avvenga dobbiamo scoprire, come sostenevano gli antichi, l’anima che c’è in ognuno di noi, lo spirito che soffia innaffiando la nostra esistenza con valori sublimi che pongano l’uomo più vicino al Cosmo e al di sopra di ogni altra forma di vita.L’unione tra materia e spirito non è la somma di due elementi ma l’unificazione deli stessi. Come afferma Tehillard de Chardin: “Il pericolo maggiore che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è né la fame né la peste (né il Coronavirus), è invece quella malattia spirituale, la più terribile, perché il più direttamente umano dei flagelli, che è la perdita del gusto di vivere.”