Delusi per la chiusura della chiesa parrocchiale di Montichiari e però incantati per l’ariosa piazza, ci accontentiamo, si fa per dire, del Museo Lechi. Una tradizione di collezionismo si è tramandata di padre in figlio. Il Museo Lechi non ha il livello della Carrara di Bergamo: meno rappresentativo della storia della pittura, più limitato geograficamente, ma ben fornito di opere della scuola pittorica lombarda e di eccellenti interpreti come il Pitocchetto, il Moretto, il Foppa, Bernardino Campi, Palma il Giovane, Paolo Spadino.
E’ un modo di dipingere che trasmette vivacità e freschezza. Personaggi, figure, scene sono presi dalla vita quotidiana. Ci sono gli uomini e le donne di famiglia, colti nello sguardo, in un gesto, una posa, come richiamati da qualcuno prima di riprendere l’azione: la nonna di che tiene i nipotini per mano, con il più piccolo a tirare la corona del rosario; la signora segnata da rughe ma ancora in sella per governare; la ragazza dallo sguardo melanconico contrastante con l’abito a fiori delle grandi occasioni; il giovane di casa Martinengo pronto a dimostrare il suo valore.
Secondo i gusti delle famiglie aristocratiche del ‘700, sono ritratte scene di battaglia, assalti, scontro di cavalieri, tra spade e bandiere, sotto una torre sbrecciata, in un nuvolone di polvere e colpi di armi da fuoco. Ci sono scene da osteria, con avventori sguaiati, quello che ammicca all’amico e approfitta delle grazie della formosa signora alle spalle dell’ottuso marito. Altri sono personaggi su cui doveva essere facile accompagnarli con soprannomi: la vecchia che gode il caldo della brace raccolta nel secchio, l’uomo a fine giornata che carica la pipa con il tizzone del camino.
Aprono le sale due scene da cartolina, e fotografia era agli albori: una veduta del lago di Como con il promontorio di Bellagio e lo sfondo della Grigna, l’altra, di sapore romantico, con due imbarcazioni sballottate dalle onde, anche se la vicina isola della stessa famiglia Lechi sembra rassicurare. Gli autori (Silvio Poma e Luigi Campini) sono bergamaschi.
Ritornato il sole e il caldo ripariamo a Desenzano. Un gruppo di papere sono in siesta, testa e becco ripiegato nel piumaggio. Un piccolo sembra attardarsi in acqua come giocando. Si tuffa e risale sul blocco di pietra dove le anatre adulte stanno. Si accosta però a debita distanza, a sua volta spulciandosi e poi appoggiando la testolina come gli adulti.
Nel viavai di gente che passeggia poco sopra giunge una coppia con il cane al guinzaglio, dalla feroce testa del bulldog inglese. Il cane è attratto dalle anatre e queste avvertono la minaccia. Ordinatamente guadagnano l’acqua. Il pulcino pigolando le segue, per un tratto almeno. Si dirigono troppo al largo. Lui si arresta, retrocede senza cessare di pigolare e resta solo.