In De Veritate e De Libertate Arbitrii, Sant’Anselmo esplora il concetto di verità e la natura della libertà umana. Nel De Veritate, Anselmo afferma che la verità è strettamente legata alla rettitudine e alla conformità alla volontà divina, prendendo ispirazione da Platone. Egli risolve il problema del male distinguendo tra ciò che Dio permette e ciò che Dio crea. Nel De Libertate Arbitrii, Anselmo definisce la libertà non come la capacità di scegliere tra bene e male, ma come l’adeguamento della volontà umana al giusto, realizzabile solo attraverso la grazia divina. Entrambe le opere sottolineano l’importanza della rettitudine e della dipendenza dell’uomo dalla volontà di Dio per raggiungere la verità e la vera libertà. Vediamole nei dettagli.
DE VERITATE
Nel dialogo De Veritate Anselmoanalizza il rapporto esistente tra la virtù morale, la verità e la giustizia. Ciò che propone Anselmo in tema di verità lo attinge da Platone (la verità delle cose si misura nel grado di partecipazione alla verità in sé) e dalla tesi che la verità deve essere ricondotta alla corrispondenza tra discorso e realtà. Per Anselmo il concetto di verità è strettamente collegato a quello di rettitudine che è conformità alla volontà divina. L’uomo è nella verità, quindi, quando si comporta rettamente, quando cioè si adegua alla volontà divina, e dice il vero quando le sue parole esprimono una perfetta corrispondenza tra il pensiero e la realtà materiale corrispondente.
Tuttavia, se tutte le affermazioni vere devono trarre la loro verità da una verità suprema che si identifica con Dio, e Dio è fonte di tutte le verità e di tutto l’essere, allora tutto ciò che esiste deve esistere veridicamente, ossia rettamente.
Ma allora, si chiede Anselmo, se tutto è retto e vero, e quindi conforme a Dio, da dove deriva il male? Per Anselmo la contraddizione tra l’esistenza del male e la bontà di Dio non è realmente problematica, perché un conto è affermare che Dio sia la causa del male e un altro dire che Dio permetta l’esistenza del male. Quindi Dio non porrebbe in essere il male, piuttosto si limiterebbe a consentire che esista. E, inoltre, ciò che nella prospettiva umana può risultare malvagio non è detto che sia malvagia in sé. Ci sono infatti azioni che sembrano cattive in chi le subisce e buone in chi le compie, il bene e il male sono quindi concetti relativi e si basano su prospettive.
DE LIBERTATE ARBITRII
Il De libertate arbitrii esamina il concetto di libertà umana in relazione alla facoltà di peccare e di non peccare e il concetto della grazia e del male. Anselmo rifiuta l’idea che la libertà umana consista nella scelta di fare del bene o di peccare, perché la libertà non può rendere possibile il peccato, altrimenti non sarebbe qualcosa di positivo e si giungerebbe ad affermare che Dio, non potendo fare il male, non sarebbe libero.
Il peccato sarebbe piuttosto da ricondurre non tanto alla libertà in sé, ma alla sua degenerazione. Inoltre, dice Anselmo, la libertà non è la facoltà che ci consente di fare ciò che vogliamo senza condizionamenti, ma di adeguare la nostra volontà a ciò che è giusto che noi vogliamo (a ciò che, in altre parole, sarebbe nostro dovere volere). Anche in quest’opera, quindi, Anselmo torna al concetto di rettitudine.
Secondo Anselmo l’uomo da solo non è in grado di comportarsi rettamente, è un peccatore incapace di risollevarsi senza un aiuto e di capire come deve agire, solo con l’intercessione della grazie di Dio la libertà si può esplicare al massimo delle sue potenzialità e l’uomo può avvicinarsi alla verità e a Dio.
STORIA DELLA FILOSOFIA. TUTTE LE LEZIONI PUBBLICATE
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Lezione 137: Filosofia cristiana. Il problema principale della Scolastica e la periodizzazione
Lezione 138: Filosofia cristiana. Il pensiero di Scoto Eriugena
Lezione 139: Filosofia cristiana. Il pensiero di Anselmo d’Aosta
Lezione 140: Filosofia cristiana. La prova della esistenza di Dio secondo Anselmo d’Aosta
