Dagli ultimi dati covip sulla previdenza emerge un quadro desolante. Su un totale di 23 milioni di lavoratori attivi solo 7 milioni hanno aderito alla previdenza integrativa. Ormai, come tutti sappiamo, oltre il 2024 andranno a regime i 45 anni di contributi. I lavoratori che andranno in pensione col sistema retributivo (con la pensione calcolata come l’80% della media degli ultimi 10 anni lavoro) sono destinati a scemare poiché devono avere 18 anni di contributi al dicembre 92; mentre aumenteranno verticalmente i pensionati col sistema contributivo (media della pensione calcolata su tutta la vita lavorativa).
Ora, se aggiungiamo il cambiamento del mercato del lavoro degli ultimi anni che ha peggiorato ulteriormente la situazione – con giovani che ormai “partono” a 26-27 anni oppure a meno giovani sottoposti a precariato con frazionamenti non coperti dai contributi – lo scenario previdenziale futuro avrà del drammatico. L’unico sistema per drenare un futuro di pensionati poveri è quello della previdenza privata. Ma i numeri di chi ha optato per questa tale scelta sono ancora pochi.
Sia chiaro: fare una scelta di questo tipo comporta delle rinunce, perché se da uno stipendio di 1500 euro ne vogliamo togliere una parte per garantirsi una pensione dignitosa vuol dire dare un taglio ad altre esigenze nell’immediato. La politica se ne sta ben lontano da questo tema per il solito motivo, se inviti le persone a mettere i soldi da una parte poi ti tocca ridurre i consumi o tagliare in altri ambiti e quindi si perde il consenso.
Si preferisce fare sempre all’italiana, il problema non è immediato quindi si rimanda.
Ma c’è veramente poco da tergiversare. Sarà dura per i futuri pensionati senza integrazioni che avranno una pensione col circa il 50% dello stipendio lavorativo e magari l’affitto da pagare. Saranno obbligati a scegliere fra la spesa o le bollette…