Può capitare di tornare da Milano in autostrada. Di pomeriggio la fila di camion è diminuita ma aumentano macchine e camioncini che tornano dal lavoro. Il caldo di quest’anno si è fatto ossessivo. Si scruta l’orizzonte per nuvole promettenti.
All’approssimarsi di Trezzo vien da pensare all’Adda e magari al Santuario di Concesa. Entrando in paese si trova l’indicazione. Superata la vecchia chiesa, a sinistra, e la nuova parrocchiale, a destra, dedicata a Maria Assunta, la strada scende nell’alveo facendo una curva a U. Si parcheggia all’ombra.
Dal muretto del sagrato ci si affaccia sul fiume o meglio sul Naviglio della Martesana, il canale derivato dall’Adda per la navigazione da Milano essendo questa una città circondata dall’acqua dove arrivavano e partivano imbarcazioni cariche di merci. Sull’alzaia oggi passano le biciclette. Dal ponticello che l’attraversa un gruppo di adolescenti è impegnato per un bagno rinfrescante di tuffi o salti nell’acqua. E’ un richiamarsi, confrontarsi, sfottersi, lasciarsi trascinare dalla corrente e risalire sulla sponda, per un gioco che si ripete come una fuga di Bach. “Si può?” mi chiede uno di loro quasi sentendosi interpellato dal mio sguardo. Cosa avrei dovuto dire io che aggiravo le proibizioni familiari per raggiungere gli amici al lago a fare le stesse identiche cose che fa lui?
Al Santuario il tema è l’acqua, tanto bramata questa estate, di cui paventiamo la carenza per gli anni a venire. Di acqua si parlava qui nel Cinquecento, non di quella del fiume, usata ma anche temuta. Ci si riferiva ad un’acqua miracolosa, alla fonte che sgorgava in parte ad un’immagine sacra dipinta sul muro dove la gente accorreva, anche dalla sponda bergamasca. Venivano le donne per affrontare i rischi della gravidanza, le madri con i figli gracili o malaticci, gli storpi per le loro piaghe o infermità, anche i cacciatori per liberare i cani dalla rabbia.
Nacque il Santuario che fu avviato e portato avanti a singhiozzo, secondo i fondi disponibili come succedeva per tante di queste opere, ampliato o rifinito per straordinarie donazioni di nobildonne o per l’intraprendenza del parroco. Intervenne il Cardinale di Milano che lo affidò ai Carmelitani Scalzi. Accanto alla chiesa sorse il convento in grado di sostenere una comunità di quindici frati, con l’ortaglia, il frutteto, il vigneto e i servizi per accogliere i fedeli. Rimangono cinque padri e una certa attività agricola come fa fede il cartello esposto alla porta di “offresi frutti con libera offerta”, che in questa stagione sono fichi. Nelle vicende storiche che si sono susseguite l’Ordine è stato sciolto, i beni messi in vendita, la costruzione adattata a filanda. Ma i frati sono tornati, a beneficio di tutta la comunità di Concesa, e il Santuario è frequentato, le donne lo puliscono e i volontari lo guardano.
L’immagine di cui si parla è una Madonna del latte, opera di un pittore locale, un certo Stefano Manetta, che gli è riuscita bene. Nel corridoio della sacrestia si trova un’altra immagine venerata di autore anonimo, la Madonna del barcaiolo, pare per volontà di coloro che sull’acqua lavoravano, nella buona e cattiva stagione.
Attraversando la passerella sull’Adda si vedono persone qua e là, solitari o a gruppi, coi piedi in acqua o immersi a mezzo busto, la mamma che spruzza il figlioletto piagnucoloso, chi si avventura con un paio di bracciate al largo e presto rientra in zona sicura, due a parlare di lavoro, una famiglia alle prese con i giochi della settimana enigmistica all’ombra di un salice piangente.
Si supera il canale che portava acqua per muovere le turbine e produrre energia elettrica al Cotonificio Crespi. Restano ancora i gradoni a vasca per la salvaguardia della fauna acquatica e che permetteva alle trote di proseguire il loro corso senza venir trascinate nelle sale macchine. Oggi quest’acqua non serve più.
Sale la strada al Villaggio Crespi protetta dall’ombra della sponda che si è fatta boscaglia. Passa davanti al Castello, la villa padronale ora serrata e muta. Chissà che vita si svolgeva quando Silvio Benigno Crespi era deputato al Parlamento, le personalità che avrà ospitato, forse più di imprenditori che nobili! Ci passò anche la Regina Margherita, moglie di Umberto I, il Re d’Italia ucciso a Monza. Fu in visita, richiamata da questo esempio, unico in Italia, di insediamento industriale e di villaggio operaio. Ci sediamo al tavolino del bar ai piedi della scalinata della Chiesa. Vien da contemplarla con la sua cupola ottagonale contenuta nella base quadrata, le colonnine e la cornice del loggiato, la lanterna sulla cima con la bandierina, il variegato materiale impiegato. Fu consacrata nel 1893 e presto definita un’architettura senza tempo. Poi riprendiamo la via del ritorno, torniamo alla sponda milanese, e quindi nell’infernale traffico autostradale, divenuto però più sopportabile.
Link utili:
Santuario “Divina Maternità” di Concesa
I migliori ristoranti di Concesa e dintorni
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