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Ciò che Socrate cercava di far partorire ai suoi interlocutori è la definizione di qualcosa. Il turbinio del dialogo socratico fatto di domande, risposte, obiezioni, ha infatti come punto centrale la domanda tì èsti, ossia che cos’è?

Scrive infatti Senofonte nei Memorabili: “Egli discorreva sempre di cose umane esaminando che cos’è santità, che cos’è empietà, che cos’è bellezza, che cosa turpitudine, che cosa giustizia, che cosa ingiustizia, che cosa saggezza, che cosa pazzia, che cosa coraggio, che cosa viltà, che cosa Stato, che cosa politica, che cosa governo, che cosa uomo di governo, e simili cose”.

Definire la virtù

Socrate, alle domande su cosa siano le cose, risponde con un elenco di esempi. Per cui per definire “virtù” il filosofo fa un elenco di casi virtuosi: virtuoso è chi onora le leggi, virtuoso è chi rispetta i genitori, virtuosa è la donna che amministra bene la casa e che resta fedele al marito, e così via. Ma Socrate non si limita ad esemplificare le cose, egli è interessato al significato, alle definizioni. Nel Menone di Platone Socrate, parlando di virtù, afferma: “Anche se le virtù sono molte e diverse, è in tutte un’identica specie ideale, che uno ha la possibilità, rispondendo a chi lo interroghi, di chiarir bene la questione su che cosa sia la virtù”.

È importante sottolineare la differente struttura dei dialoghi socratici rispetto a quelli sofistici. Se i sofisti avevano l’abitudine di usare le cosiddette “macrologie” ossia dialoghi fatti di frasi lunghe e articolate, ottime per ammaliare gli ascoltatori, Socrate preferisce dialoghi più serrati (brachilogie), costituiti di frasi semplici, domande brevi che esigono risposte dirette, adatte ad ottenere dall’avversario risposte chiare e precise. Per cui se lo scopo dei dialoghi sofistici è di stupire, incantare, disorientare l’ascoltatore, nei dialoghi socratici si cerca di demolire l’antagonista che sotto i colpi dell’oratoria stringente diventa pienamente consapevole della propria ignoranza. Tutto questo, come già detto, al fine di indurlo ad abbandonare tutte quelle certezze che fino a poco prima riteneva fossero fuori discussione e di attivarsi nella ricerca della verità, nella ricerca del vero sapere. La domanda tì èsti di Socrate (“che cos’è?”) ha quindi una duplice finalità, una negativa volta a demolire le certezze dell’interrogato spogliandolo delle conoscenze acriticamente accettate, e una positiva, che consiste nell’aiutare la controparte ad elaborare di sua iniziativa delle definizioni realmente soddisfacenti dell’argomento trattato.

Il ragionamento induttivo

Avendo messo in luce quale fosse lo scopo dei dialoghi socratici possiamo ora comprendere perché Aristotele attribuisca a Socrate il merito di aver introdotto la parola “concetto” e quindi di aver scoperto la conoscenza universale. Per Aristotele ciò che Socrate ha lasciato ai suoi discepoli e alla scienza è proprio questo: l’importanza delle definizioni, la rilevanza di assegnare un significato preciso alle parole. Ma per Aristotele Socrate andò oltre, egli attribuì al filosofo ateniese anche il merito di aver formulato per primo il cosiddetto ragionamento induttivo, ossia la procedura che consiste nel partire da casi e affermazioni particolari per risalire ad una affermazione generale e universale, ossia un unico concetto che racchiude una moltitudine diversa di cose.

Il concetto ha portato un po’ di ordine nel discorso. La sua introduzione è stata, infatti, fondamentale per uscire dal caos verbale e concettuale dei sofisti. Ciò ha consentito alle persone di intendersi meglio tra di loro e di trovare dei punti fermi che consentissero il superamento della molteplicità dissonante delle diverse opinioni.

L’opera di Socrate da tale punto di vista può essere considerata come un’attività preliminare a ciò che Platone e Aristotele porteranno a compimento. Infatti, anche se Socrate a differenza di Platone e Aristotele non ha elaborato una vera e propria “scienza delle definizioni”, né ha dato una definizione esatta al concetto del concetto, ha comunque tracciato la strada che i suoi successori hanno poi seguito (si pensi alle “idee” platoniche e alle “forme” aristoteliche).

Il modo per interpretare correttamente Socrate è quello di considerarlo un anello di congiunzione tra due scuole di pensiero opposte, da una parte quella dei sofisti e dall’altra quella di Platone prima e Aristotele poi. Solo cogliendo i complessi e sottili rapporti che legano e allo stesso tempo allontanano Socrate dai sofisti e da Platone possiamo cogliere appieno il significato della sua filosofia.

STORIA DELLA FILOSOFIA. TUTTE LE LEZIONI PUBBLICATE

Lezione 1: Le origini della filosofia in Grecia. La scuola ionica
Lezione 2: Eraclito, filosofo del Panta rei
Lezione 3: Pitagora, non solo filosofo ma taumaturgo e astronomo
Lezione 4: Parmenide e le vittime dell’illusione dei sensi
Lezioni 5: I paradossi di Zenone. Vi dicono qualcosa Achille e la tartaruga?
Lezione 6: Anassagora e i semi originari della materia
Lezione 7: Empedocle e le quattro radici: fuoco, aria, terra e acqua
Lezione 8: Democrito, padre della fisica
Lezione 9: La sofistica. Come si monetizzava nell’antichità con la filosofia
Lezione 10: Protagora. L’uomo è misura di tutte le cose
Lezioni 11: La filosofia di Gorgia su essere, conoscenza e comunicabilità
Lezione 12: La tragedia greca con i quasi filosofi Eschilo, Sofocle ed Euripide
Lezioni 13: Eschilo, padre della tragedia greca
Lezione 14: Sofocle e l’innovazione della tragedia greca
Lezione 15: Nella tragedia greca di Euripide stranieri e servi entrano in scena
Lezione 16: La filosofia di Socrate così spaventosa per politici e potenti
Lezione 17: Socrate e il rifiuto di filosofare per iscritto
Lezione 18: Socrate. Le affinità con i Sofisti e con Platone
Lezione 19: Antropocentrismo filosofico di Socrate
Lezione 20: Socrate e la consapevolezza della propria ignoranza
Lezione 21: Ironia come metodo
Lezione 22: La maieutica di Socrate per un genuino punto di vista sulle cose

Fonte immagine di copertina: Depositphotos

Autore

Enrico Valente

Enrico Valente è nato a Torino nel 1978 dove si laurea in giurisprudenza nel 2004. Da oltre vent'anni si dedica allo studio e alla ricerca filosofica e da alcuni anni affianca la passione per la scrittura alla traduzione di saggi e romanzi. Con ”L'arte di cambiare, da bisogno a desiderio dell'altro” la sua opera di esordio, vince nel 2021 il primo premio al Concorso nazionale di filosofia ”Le figure del pensiero”, nello stesso anno riceve per la medesima opera la menzione d'onore al Premio di arti letterarie metropoli di Torino e arriva finalista al concorso di Città di Castello. Attualmente è impegnato alla preparazione di una collana intitolata ”Incontri filosofici” dedicata ai grandi protagonisti della filosofia che sta ricevendo un notevole riscontro da parte del pubblico ed è in corso di traduzione all'estero. Il suo primo numero “Il mio primo Platone” è arrivato finalista al concorso nazionale di filosofia di Certaldo (FI) 2022.

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