Il tema forte della Scuola di Francoforte ruota attorno al potere, il potere declinato nelle forme sociali e nell’organizzazione del consenso attraverso i media. G. Lukacs (Storia e coscienza di classe 1923) ridefinendo l’analisi marxiana sul tema della merce, parla di reificazione: con il capitalismo le persone diventano merce.
Per M. Horkheimer la ragione occidentale (Dialettica dell’Illuminismo 1947) è stata vista da Omero in poi come capacità “illuminante” il mito; ma la vittoria della ragione sul mito ha determinato un dominio dell’uomo sulla natura che ha finito per annullare se stesso. Secondo T. W. Adorno (La dialettica negativa 1966) il potere si chiude in una logica autoreferenziale e tende a riprodurre se stesso, come è evidente nei totalitarismi del ‘900.
Walter Benjamin, approfondisce le tematiche del potere e in particolare, sulle tracce di Carl Schmitt, la dimensione teologica. Il diritto è ordine o rivoluzione ed è sempre imposto dalla violenza che può distruggere o creare. Schmitt, che era su tutt’altre posizioni politiche e aderì al nazionalsocialismo, parla di stato di eccezione come essenza dell’ordine giuridico. Sovrano è chi decide non nello stato di eccezione ma dello stato di eccezione; sovrano è chi è in grado di sospendere la legge. Schmitt parla di legittimità più che di legalità: legittimo sarà l’operato di Hitler una volta al potere. Benjamin, che vedeva nella sinistra una realtà in movimento a differenza della destra considerata segnale muto, sosteneva per la rivoluzione comunista lo stato di eccezione. Ma in Germania la sinistra si trovò impreparata e andò incontro al disastro.
Benjamin riflette in Passages sull’intellettuale – l’epigono è Baudelaire – davanti alla metropoli dei boulevards e delle gallerie piene di negozi, dei cafés e dei teatri. Il flaneur è il vero eroe della modernità. Sta sulla soglia e guarda. Il suo è uno sguardo che si immerge nelle cose, nei dettagli apparentemente insignificanti, negli oggetti del passato. Si tratta di porosità, di contaminazione. Il potere invece teme la contaminazione, teme di smarrirsi, come ci si smarrisce in una foresta. Vuole distinguersi, separarsi. Vede la società a sé. Il nazismo inseguiva un modello di purezza, come si vede nei manifesti di propaganda del regime: famiglie tedesche sorridenti a contatto con la natura, corpi giovani e floridi, di una carnagione chiara, i capelli biondi, in contrasto con le facce degli zingari e gli ebrei, i vagabondi e gli storpi, dall’aspetto equivoco, lo sguardo sornione, la bocca sdentata, il fisico ripugnante. Il potere non vuole mescolanze, confusioni, eterogeneità. L’alterità suscita ostilità.
Benjamin era appassionato delle varie forme espressive d’arte – il padre era un ricco antiquario – e si interessò di cinema e di fotografia, di letteratura e di pittura. Era favorevole alla “riproducibilità” delle opere d’arte (L’Il tema forte della Scuola di Francoforte ruota attorno al potere, il potere declinato nelle forme sociali e nell’organizzazioneopera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica 1936). Contrariamente ad Adorno che considerava una catastrofe l’industria culturale, per Benjamin le nuove tecniche di riproduzione muIl vero eroe della modernità sta sulla soglia e guardatavano l’atteggiamento delle masse verso l’arte. Le opere erano accessibili ai più, in contesti diversi, avvicinate alla vita quotidiana.
In visita all’amico svizzero Paul Klee, Benjamin osservò un quadro di piccole dimensioni raffigurante un angelo con la bocca e gli occhi spalancati, con le mani in atto di ritrarsi. Fece di tutto per averlo. Aveva come titolo Angelus novus : l’Angelo è rivolto al passato, il futuro è alle sue spalle. Abituati ad un senso della storia proiettata verso il futuro, noi dobbiamo guardare al passato, la rivoluzione si fa al presente guardando al passato. Non si tratta di attendere il messia; nessun messia verrà. Noi siamo gli attesi; siamo attesi dai morti del passato, dalle vittime che non hanno avuto giustizia; siamo gli attesi dai sommersi della storia che non si sono salvati. Questo è il compito per ogni generazione: trasformare il tempo presente in azione messianica, in atto rivoluzionario, in gesti di riscatto, contro la storia che viaggia sul carro dei vincitori ed è sigillata dalla loro giurisprudenza.
Con il Governo di Vichy Benjamin si trovò internato in un campo di concentramento, nel Sud della Francia, come migliaia di ebrei francesi. Rischiavano il trasferimento nei campi di sterminio. Fuggì co alcuni di loro e arrivò al confine spagnolo. Un doganiere meticoloso li bloccò alla frontiera. Non avevano un visto validato. Disperando di farcela, in un momento di sconforto, Benjamin si uccise. La mattina seguente gli altri passarono. Fu seppellito lì, a Port Bou, era il 25 settembre 1940.
tratto da Rai Scuola Zettel – “Benjamin” G. Marramao, Rai Scuola Zettel
(a cura di Mauro Malighetti)