La triste notizia non mi ha colto di sorpresa. Da qualche tempo mi era sopraggiunta voce della grave malattia che lo aveva colpito. Ü mal bröt, dicono ancora oggi gli anziani, per indicare la violenza di un morbo che non dà scampo. Aquilino Rota se n’è andato così, in punta di piedi, avvolto dagli affetti dei suoi cari, nella casa ai piedi del Resegone, circondato dai monti della valle che tanto ha amato, dove è stato “protagonista” degli entusiasmi della conoscenza e dell’impegno sociale, due elementi che hanno contraddistinto la sua esistenza. Lo ricordo nei primi anni Novanta, assai attivo nel Gruppo di minoranza della Comunità Montana Valle Imagna, puntiglioso e attento, mai rinunciatario, disposto a spendersi in prima persona per cercare chiarezza e partecipazione anche attorno agli argomenti più ostici dell’impegno politico e amministrativo. Come si conviene ad un valoroso e generoso combattente.
Dietro un carattere a volte un po’ burbero e a una dialettica assai articolata, si celava il cuore buono e magnanimo di una persona schietta e altruista. In seguito, nel corso degli anni, ci si incrociava di frequente, durante lo svolgimento delle varie attività del Centro Studi, e la sua presenza è sempre stata per me stimolo e motivo di riflessione. Mai scontata. Suggerimenti, prese di posizione personali, iniziative, critiche costruttive vivacizzavano immancabilmente i nostri incontri, spesso occasionali, per strada, nel Comune di Locatello, alla sede del Centro Studi,…
La grande attrazione di Aquilino Rota era per la storia sociale della valle e le vicende economiche delle popolazioni di ieri e di oggi. Passioni che l’hanno portato a ricercare traguardi lontani, alcuni difficili da perseguire, altri semplicemente non compresi o corrisposti. La caparbietà – dono tipico delle genti della montagna, allenate ad affrontare anche le situazioni più difficili – ha dato costanza al suo impegno sociale e culturale, la forza di rialzarsi in piedi, dopo ogni caduta, per continuare a combattere la battaglia della conoscenza, del progresso, della vita. Sino all’ultimo scontro, combattuto prima che giungesse l’alba di una fredda giornata di aprile, quando forze inesorabili della natura hanno avuto il sopravvento, facendogli esalare l’ultimo respiro.
Ora è giunto il tempo del ricordo. D’ora in poi non lo incontrerò più nei luoghi conosciuti e amati della valle, ma la sera, quando il sole va a dormire fò de pus a Seràda, oltre il promontorio di Rota, ogni tanto so che andrò a cercarlo col pensiero, memore e grato della sua amicizia – come mi capita spesso di fare con altri cari amici che hanno varcato la soglia della vita terrena – per ritrovare la forza di continuare a ricercare, su questa sponda, nuovi orizzonti.