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In visita a Castiglione delle Stiviere scoprendo San Luigi Gonzaga

Pare che il nome di Castiglione delle Stiviere abbia riferimento all’accampamento militare e-stivo dei romani. Mi interessa San Luigi Gonzaga. Non c’è chiesa da noi che non esponga una sua statua. Chi era questo santo tanto venerato?

Il Collegio delle Vergini di Gesù, fondato dalle nipoti, ne conserva la memoria. Il Collegio è sopravvissuto alle confische napoleoniche. Qualche settimana fa i giornali hanno dato la notizia della morte dell’ultima religiosa che lo governava. Al portone ci ha accolto la segretaria di Asilo e Scuola elementare che funziona ancora con oltre duecento bambini. Ci ha subito cercato la volontaria a farci da guida nel Museo Aloisiano.

I Gonzaga si erano affermati a Mantova con Lodovico Gonzaga, immortalato con la famiglia dal grande Mantegna nella Stanza degli sposi di Palazzo Ducale. Nel Cinquecento la famiglia si era divisa, ormai dipendente dalla potenza spagnola: al padre di Luigi, Ferrante Gonzaga, era toccato Castiglione e Luigi, il futuro santo, era destinato come primogenito a reggere il Marchesato. La madre Marta Tana era piemontese, ed era imparentata con i Della Rovere di cui Giulio II era stato il Papa di Michelangelo. Marta Tana aveva conosciuto Don Ferrante alla Corte di Filippo II, imperatore di Spagna.

I Gonzaga di Castiglione delle Stiviere erano principi svuotati di potere ma il rango li obbligava a doveri e ad un tenore di vita qualche volta al di sopra delle proprie possibilità. Si spiega così il fervore religioso che investe parte del casato e Luigi in particolare? Forse, ma non basta.

Luigi si dimostrò determinato fin da piccolo. In un mondo dove l’infanzia dei giochi finiva presto. Si prose cose che noi normalmente attribuiamo agli adulti. Era per prima cosa riflessivo. Espresse presto l’intenzione di “voler essere santo”. Eccessivo? Non sappiamo forse di Mozart che a cinque anni iniziò a comporre musica? Non dobbiamo dare credito ad un bambino di sette anni che manifesta propositi così impegnativi?  Il padre naturalmente lo voleva al comando. Lo portava alle parate militari, lo presentava nei ricevimenti dei suoi pari, gli faceva conoscere personaggi importanti. Luigi assecondava ma non troppo. Si appartava spesso e volentieri, pregava e leggeva. Gli trovavano in mano biografie di santi o resoconti di missionari nelle Indie. Si impegnava in tutto, negli studi brillava. Chi ebbe a che fare con lui, si trattasse del Cardinal Borromeo o del teologo Bellarmino, disse di sentirsi edificato ascoltando le sue risposte e le sue riflessioni.

La madre si accorse della sua sensibilità. Il ragazzo evitava compagnie chiassose, parlava di pentimenti e di penitenze. Era rispettoso, coscienzioso, affidabile, più del fratello Rinaldo, di un anno più giovane, che sarebbe subentrato a capo del Casato.

Quando si offrì l’occasione di accompagnare con la famiglia l’Imperatrice Maria d’Austria a Madrid il padre fu contento. La Corte lo avrebbe cambiato. Rimasero a Madrid tre anni, nella Corte più sfarzosa e prestigiosa del tempo. Fu eletto come paggio del primogenito dell’imperatore.  Partecipò diligentemente a quella vita, non trascurò gli studi. Si meritò l’onore, ancora quindicenne, di tenere dinanzi alla Corte l’orazione ufficiale di elogio all’Imperatore in occasione della vittoria della Spagna sul Portogallo. Ma quegli obblighi si fecero un peso, gli risultarono di ostacolo per attendere alla vita spirituale come avrebbe desiderato.

Né passarono inosservati certi suoi atteggiamenti riservati o un certo modo dimesso di vestire, interpretato come fare eccentrico o bizzarrie da adolescente. Dentro di lui maturava la scelta.

Al cappellano con cui ho parlato nella Chiesa di S. Luigi ho detto: “ma perché gesuita? Non era più confacente al suo animo rinchiudersi in un monastero?” “No!” mi ha detto “la Corte gli era stretta, ma non era cieco. Lui guardava oltre, al mondo fuori e i Gesuiti in quel momento erano l’ordine religioso più avanzato. Erano giovani religiosi che andavano nel mondo”.

La madre capì e appoggiò il desiderio del figlio; il padre si oppose, si sentiva tradito. Cercò continuamente alleati per dissuadere il figlio. Minacciò di diseredarlo. Alla fine dovette cedere. Luigi firmò la rinuncia alla carica e ai beni. Il documento è conservato nel Museo. Partì per Roma, per la vita che si era scelto, all’età di 17 anni.

 Sarebbe morto a 23 anni, di peste. In cammino verso l’ospedale dove faceva assistenza s’imbatté in un povero abbandonato a terra che si lamentava. Lo caricò sulle spalle.  Lo lavò e l’assistette. La sera ebbe la febbre. Una settimana, e sarebbe morto.

La guida mi raccomanda il Duomo di Castiglione delle Stiviere nonostante sia in restauro e Palazzo Pastorio che ospitò il fondatore della Croce Rossa, Henry Dunant. Dal corridoio arriva l’allegro vociare dei bambini in mensa.


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