Jean-Paul Sartre (1905-1980) è un illustre rappresentante dell’esistenzialismo e vede l’essere umano nella sua radice mortale. Rimette al centro la vita umana che resta ormai senza fondamento. Già Holderlin raccontava del filosofo Empedocle che si inabissò nel vulcano in un gesto di morte e di ritorno alla vita.
Il termine esistenzialismo richiama la classica distinzione aristotelica tra essenza ed esistenza?
Aristotele distingueva nell’uomo l’essenza dall’esistenza. L’essenza viene prima; risponde alla domanda: che cos’è? Prima di realizzarsi il lavoro del vasaio ha bisogno di un’idea. E’ la possibilità che sta prima del realizzarsi dei singoli vasi. Come Dio ha un progetto nell’atto della creazione. Sartre capovolge questa visione e afferma che l’esistenza precede l’essenza. L’uomo esiste prima di essere definito. L’uomo è il nulla, un vuoto che si riempie. Non è in sé ma per sé: è ciò che fa. Non è sostrato (upokeimenon) che si svolge ma processo che si costruisce. Non è mente che anticipa, ma azione che avviene.
Chi sono i suoi interlocutori?
E’ evidente il debito verso Heidegger che parla dell’uomo (Da-sein, esserci) come essere gettato nel mondo (Geworfenheit), pro-getto, sempre proiettato avanti rispetto a sé. Come essere temporale l’uomo è slancio verso l’avvenire, proteso ad essere più di quel che è. Sartre sottolinea la responsabilità dell’uomo, ognuno risponde delle proprie scelte. E’ responsabile per tutti perché l’atto che l’uomo compie chiede di essere condiviso da tutti come l’opera d’arte ha una pretesa di universalità (Kant, Critica del Giudizio) perché l’opera mi appare bella e credo lo sia per tutti. Sartre aggiunge: non ci sono valori che orientino le scelte ma la scelta dà valore a ciò che scelgo. L’esistenza sta nello scegliere.
Sartre sottolinea la libertà dell’uomo anche se sembra l’anelito di chi è preso in gabbia.
Si aggancia a Nietzsche del grido ‘Dio è morto’ a indicare il venir meno dei valori supremi. E se Dio non esiste non c’è nemmeno una natura che lo tiene fisso. L’uomo è perciò condannato ad essere libero, ad andare oltre ciò che gli è dato. La morale manca di un orientamento e questo significa anche oscillare: il protagonista dell’opera giovanile La trascendenza dell’ego oscilla tra devozioni ai valori familiari e obblighi sociali o politici, tra la devozione verso la madre che già ha perso un figlio e il richiamo ribelle della causa partigiana.
A proposito della sua filosofia si parla di soggettività tragica.
Sartre ha un debito con Hegel sul tema del riconoscimento. Due sono gli aspetti del riconoscimento. Il primo è l’autocoscienza, la consapevolezza del riconoscersi soggetto distinto dall’oggetto. Al centro della filosofia di Sartre c’è la soggettività. L’altro aspetto del riconoscimento si confonde con la figura del desiderio: mi do da fare per essere riconosciuto dall’altro. E’ il tema della intersoggettività. Il cristiano, dice Hegel, cerca il riconoscimento in Dio, anela verso l’assoluto ma il suo desiderio ricade su di sé, è riconoscimento mancato. Come succedeva nei romanzi di formazione del suo tempo (Bildungsroman): il padre commerciante sognava un’uguale carriera per il figlio che finiva per essere artista.
L’uomo non trova un equilibrio.
L’individuo ha bisogno di essere riconosciuto dagli altri. Sono gli altri che sostengono la sua identità. Non basta; deve avere anche la forza di sopportare che l’altro sia qualcosa di indipendente. E non è facile. Nell’uomo c’è anelito all’uno, ognuno pensa di essere tutto, non accetta le differenze. Va invece deposta la propria auto affermazione totalitaria, quell’”anima bella” che gode di sé e non sa confrontarsi.
Sartre riprende Kojève che nelle lezioni degli anni ’30 aveva sviluppato il tema del desiderio.
Il desiderio cambia, ci fa diventare altro, non è solo desiderio di qualcosa. E’ il tema dell’intersoggettività a cui Sartre dedica trecento pagine di Essere e nulla. Non è più come in Hegel un rapporto asimmetrico, là era il rapporto tra servo e padrone. Eppure resta un rapporto destinato allo scacco, un rapporto mancato. La contraddizione tra essere libero e dipendente è irrisolta. Nel rapporto con gli altri, si tratti pure di un rapporto amoroso, rimane la conflittualità. Nel rapporto con gli altri ragioniamo in termini di oggetti. Ma l’amato non può ridursi a oggetto; chi ama vuol essere amato da un altro indipendente.
A cura di Mauro Malighetti (da una conferenza di Paolo Vinci a Napoli del 19/4/2018 dal titolo “Fenomenologia ed esistenzialismo – Sartre”)