Joe Ingles è partito ragazzino dall’Australia come cestista normale. Poi non ha fatto che migliorare. Oggi a 31 anni è una stella del più importante campionato di basket al mondo. Lo scorso 27 marzo Joe Ingles ha segnato 11 punti con 14 assist e 9 rimbalzi, sfiorando la «tripla doppia» ovvero la prestazione d’eccellenza in una partita di basket. Giocava negli Utah Jazz dell’Nba, gli avversari erano i Los Angeles Lakers di Lebron James, uno molto più abituato alle superprestazioni. Utah ha vinto la partita 115-100.
Eppure Ingles non è un predestinato, uno di quelli che fin dall’infanzia si capisce diventeranno supercampioni. È nato in Australia nel 1987, è alto 203 cm e pesa 102 Kg, che per il basket contemporaneo è un fisico normale. Fino ai 22 anni d’età ha giocato nel suo continente – lontanissimo dai palazzetti più prestigiosi del basket mondiale. Le sue statistiche individuali erano buone: 14,5 punti di media a gara, con 5,0 rimbalzi e 3,4 assist (fonte Wikipedia). Niente di straordinario, ma abbastanza per provare l’avventura in campionati più importanti, per esempio in Europa.
Nel nostro continente ha giocato 3 anni nel Barcellona, dal 2010 al 2013. Le sue statistiche personali aumentavano di anno in anno, ma si sentiva sempre inadeguato e anche un po’ sopportato. Lo ha dichiarato lui stesso, in un’intervista riportata da Davide Chinellato sulla Gazzetta dello Sport cartacea del 13 febbraio: «Ho sempre pensato di non tirare abbastanza bene, di essere troppo lento, di non saper difendere abbastanza bene».
Nel 2013 si è trasferito al Maccabi Tel Aviv, dove ha disputato la sua 4ª Eurolega entrando più spesso da 6° uomo che da titolare, ma segnando 6,4 punti di media con 3,0 rimbalzi e 2,9 assist. E, visto che era in quella squadra lì, vincendo alla fine il titolo. Lui continuava a sentirsi inadeguato, ma intanto era nella squadra che ha vinto il secondo trofeo per club come prestigio a livello planetario. Più su c’è solo la Nba del Nordamerica.
E quindi Ingles ci prova. Va in America, trova un accordo per disputare la preparazione prestagionale con i Los Angeles Clippers. A ottobre 2014, pochi giorni prima dell’inizio del campionato, gli comunicano che non lo ingaggiano. Nell’Nba ci arrivano i migliori tra i migliori, e lui… be’, c’è quasi, ma non del tutto. «Onestamente, a 27 anni d’età, pensavo che la mia occasione Nba fosse passata» dice oggi.
Invece. Fa un provino per gli Utah Jazz, e lo prendono. Alla fine della stagione ha una media di 5,0 punti a partita con 2,2 rimbalzi e 2,3 assist. Soprattutto tira da 3 con il 35,6%, quando nel suo primo anno in Europa aveva il 23,3%. Ingles è uno che migliora. Parte da lontano, ma arriva e sorpassa.
Al termine della stagione regolare 2018-2019 le sue statistiche sono salite a 12,1 punti di media, con 4,0 rimbalzi e 5,7 assist. Tiro da 3 oltre il 40%. Nel 2015-2016 era partito soltanto 2 volte titolare, quest’anno lo è stato in tutte e 82 le partite della stagione. In certe partite ha segnato più di 20 punti, con un massimo in carriera di 27. E sì, la tripla doppia quasi centrata.
Cosa ha fatto per migliorare così tanto? Nelle sue parole: «Posso difendere sul miglior giocatore avversario, posso creare per i miei compagni e ho un tiro affidabile». Ma questa è tecnica. Cos’è successo d’altro, di profondo, dentro di lui? Alla Gazzetta ha detto: «Probabilmente se non fossi venuto in Nba ora starei giocando in Australia o sarei già in pensione. Era una questione mentale più che fisica: non mi stavo divertendo come avrei dovuto».
Non si stava divertendo, ecco il punto. Divertendosi, è diventato un campione.