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Dalla piazzetta della Chiesa di S. Giorgio a Dozio di Valgreghentino seguo l’indicazione “Al Santuario”. Uno scoiattolo rosso in mezzo alla ripida salita si sposta a scatti prima di sgattaiolare sul tronco di pino e scomparire nel folto della vegetazione.

Il Santuario è dedicato alla Madonna nera di Częstochowa che abbiamo imparato a conoscere con Papa Wojtyla. Probabile che quando nell’81 arrivò in visita a Sotto il Monte – era devoto di Papa Giovanni – abbia saputo di questo luogo. Le devozioni si fanno globali. Qualcosa di polacco si respirava da prima se l’ultimo priore camaldolese del Monastero di S. Genesio – si raggiunge in un’ora – ricordava che “data l’asprezza del luogo resistevano in quel monastero solo monaci tedeschi o polacchi”.

Il parroco di Valgreghentino aveva fortemente voluto il Santuario (1976) “non in seguito a qualche miracolo ma come oasi di spiritualità”.  E qui si è fatto seppellire. C’era una chiesetta dedicata a S. Martino. Il pellegrino entra nell’area recintata, ha lo spazio per il riposo dalla fatica del cammino o come ristoro. Trova l’anfiteatro per le celebrazioni all’aperto, la scala santa che porta alla piazzetta della Chiesa su cui si erge la statua del Papa polacco. Arriva alla porta della Chiesa dove sono collocati pannelli bronzei di eventi mariani. Entra nella sala sacra ben arredata con dipinti di tonalità accesa che richiamano altre pagine evangeliche, l’icona della Madonna al centro e l’immagine di Padre Kolbe nell’angolo a sinistra.

Tutto è stato condotto secondo un notevole gusto artistico – alcune opere sono di Giorgio Galletti, discepolo del più celebre scultore Francesco Messina – su una terrazza che dà sulla vallata dell’Adda. I volontari – un’associazione è stata costituita dopo un pellegrinaggio – ne hanno cura, le donne per la pulizia e gli uomini per la manutenzione. Così è risparmiato dalle ingiurie del tempo. Il bosco incombe, come ha inghiottito il vicinopaese delle meraviglie” Consonno, sorto nel boom economico. Ma qui la fede affonda nei secoli.

Restano le tre case di Dozio, un tempo risuonante di voci. Non in abbandono. I muri sono intonacati. E’ asciutto il bel lavatoio. Quanti storie avrà visto! Sul cartello a lato si legge: “Lo scolmatore è costituito da una copertura di un sarcofago di età tardo romana”.