Dobbiamo risalire al periodo del Rinascimento. Le guerre d’Italia, che suscitarono speranze e delusioni in Machiavelli, erano alla conclusione. Stava nascendo il nuovo astro di casa d’Asburgo, Carlo V. Il Ducato di Milano era crollato. Ludovico il Moro che Guicciardini definiva “l’ex arbitro d’Italia” era morto. La Francia di Francesco I, accerchiata da un imperatore che aveva unito all’impero tedesco la corona di Spagna, tentava di far fronte al pericolo portando il conflitto in Italia. A Milano le forze francesi erano guidate da Odet de Foixconte di Lautrec. Per contrastare l’esercito nemico, Lautrec chiese di acquartierarsi con le sue truppe a Treviglio. Ottenendone un rifiuto minacciò la rappresaglia. Intendeva punire la città. La gente paventando il pericolo si raccolse come estremo rimedio in preghiera, in una chiesetta dedicata alla Madonna. I fedeli videro il volto di Maria inumidirsi e gocciolare, la Madonna piangeva. La notizia si diffuse e giunse al campo francese. Il condottiero volle accertarsi del miracolo e desistette dal proposito di vendetta. Era il 28 febbraio del 1522.
Treviglio come segno di fede e devozione eresse accanto alla cappella il Santuario della Madonna delle lacrime che col tempo si ampliò ed abbellì. Ora sono trascorsi 500 anni.
Da vent’anni si fa una rievocazione storica. Figuranti in abiti d’epoca partono dalle quattro porte storiche di Treviglio per convergere al Santuario. Si teatralizza l’arrivo del generale francese, la costatazione del miracolo, l’esclusione di possibili inganni, la conferma del miracolo. A conclusione il generale depone ai piedi della Madonna elmo e spada. Questa usanza è stata sospesa con il covid.
Sarà presente anche quest’anno alla festa l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, successore di quel cardinale di manzoniana memoria, Federico Borromeo, che partecipò alla traslazione dell’immagine sacra dalla chiesetta al nuovo tempio. Treviglio, giano bifronte, guarda a Milano essendo parte della grande Arcidiocesi e a cui è ben collegata per strada e ferrovia, ma rimane attaccata a Bergamo che sente familiare, che frequenta, centro importante della Bassa e con lo stesso cuore atalantino.
C’è una Mostra che accompagna le celebrazioni del 2022. Allestita accanto alla Biblioteca civica in quel che fu Monastero di S. Pietro soppresso in età napoleonica, è composta da foto, disegni, documenti, modellini, oggetti, abiti, stampe, quadri inerenti al Santuario e alla sua storia. La volontaria di turno ha soddisfatto domande e curiosità e ci ha aiutato a comporre brandelli di notizie che avevamo. Ad esempio circa il settimanale che qui si stampa, Il Giornale di Treviglio, per informare di ciò che capita in città e dintorni; oppure circa la rivista di carattere satirico che da ottant’anni esce per l’occasione, ‘l Biligot, nome che fa rima con biligoc, per la sfilza di curiosità, racconti aneddoti, gaffes che coinvolgono persone e autorità del posto.
Perché non vedere Piazza Affari? Della Borsa avevo sentito parlare la prima volta da un amico. Il fratello si era comprato, dall’oggi al domani, la Seicento. Si Facendo il percorso verso il Santuario abbiamo fuggevolmente visitato la Basilica di S. Martino, visto sotto il porticato la tardoromanica statua di S. Martino e il povero – copia dell’originale custodito nella stessa Biblioteca – ammirato qualche passaggio o loggiato di case nobiliari. Si era appena conclusa una celebrazione in preparazione e la navata era illuminata. Abbiamo potuto ammirare gli affreschi dei fratelli Molinari sulla volta a botte, le decorazioni sopra l’altare centrale del pittore novecentesco Gaetano Cresseri e quelle dei fratelli Galliari tra cui la notevole Conversione di S. Paolo nella cappella laterale. I Galliari lavorarono in epoca barocca per palazzi e ville della Lombardia e del Veneto. Furono decoratori e scenografi apprezzati anche alla corte di Federico di Prussia. Venivano da Milano e si stabilirono nella casa prospiciente il Santuario, che vista solo da fuori, fa indovinare le bellezze che dentro conserva.
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