Nella casa dei nonni dove sono cresciuto non c’era praticamente nulla che non fosse strettamente necessario (in alcuni casi non c’era nemmeno quello), gli elettrodomestici erano sconosciuti, l’unica concessione una radio: ol nono Tone e gli zii non si perdevano il gazzettino padano all’ora di pranzo annunciato sulle note della Bella Gigogin e dal canto di un uccellino, e soprattutto le partite del balù della domenica pomeriggio, unico svago, tifo atalantino sulla sedia di legno.
Io ragazzino tiravo calci a tutto ciò che aveva qualche sembianza sferica, due oggetti qualsiasi a fare da porta, ed era fatta: se non c’era nessuno con cui giocare, facevo tutto io, squadra A, squadra B, arbitro, esultanze. Tanti i miei idoli, su tutti Riva, il più forte, Facchetti, il più signore, ma soprattutto Rivera, il più bravo, danzava calcio sulla colonna sonora “Only you” dei Platters. In tempi in cui l’Atalanta era come un pendolo a cucù perennemente oscillante tra serie A e serie B, dovevo scegliermi una squadra per cui tifare per lo scudetto, e Rivera fece la decisione.
Certo, quando c’era Atalanta–Milan il tifo era come il dilemma di Amleto (che allora non sapevo chi fosse, ora invece pure), dipendeva da cosa c’era in ballo, scudetto? Salvezza? Il 15 ottobre del 1972 era la terza di campionato, non c’era in ballo ancora nulla, il Milan targato Paròn e dall’attacco Prati-Chiarugi “cavallo pazzo” supportati da Benetti Bigon e Rivera prometteva bene, l’Atalanta dell’estroso Vernacchia con Pianta in porta e Corsini in panca veniva da sette partite (tra campionato e coppa Italia) senza beccare gol. A San Siro c’era pure il sole ottobrino, eppure si scatenò un nubifragio, il climate change non c’era e non c’entra (e non lo si sarebbe nemmeno declinato in inglese), grandinarono gol: la difesa a nove dell’Atalanta non resse alla prova del nove e naufragò, finì 9-3 per il Milan, tutt’ora la partita di serie A con più gol, un record che oggi compie 50 anni.
Il povero Pianta tremava come una foglia, dopo il settimo sigillo venne sradicato dalla porta e trapiantato in panca, al suo posto entrò Grassi, e il binomio Pianta-Grassi si prestò pure all’ironia di Cochi e Renato, milanisti. Benetti, il tackle più duro che ricordi eppure campione vero di generosità e correttezza, guerriero d’acciaio dal cuore d’oro, dirà che fecero gol ogni volta che capitava l’occasione, perché il modo migliore di onorare l’avversario è continuare a temerlo. Chapeau. Quel diavolo che inseguiva la stella fece vivere all’Atalanta una giornata d’inferno, e il campionato si rivelerà per entrambe le squadre un passaggio in Purgatorio senza Paradiso finale: all’ultima giornata il Milan arrivò con la stella in tasca, ma la perse nella “fatal Verona”.
L’Atalanta ci arrivò con la salvezza in tasca già a tre giornate dalla fine, con una probabilità su un milione di retrocedere, eppure riuscì nell’impresa di perderle tutte e tre, l’ultima in casa col Vicenza (ero pure allo stadio, per festeggiare….) che stava dietro di due punti, con un autogol di Vianello che seccò il povero Pianta (ancora lui), e l’Atalanta retrocesse per differenza reti: Roma, Sampdoria, Vicenza e Atalanta tutte a quota 24, Atalanta differenza reti -17, lo stesso Vicenza dell’ultima giornata-16: 1 gol di differenza, quel 9-3 venne pagato caramente dai nerazzurri. Ironia della sorte, anche il conto dei corner finì 9-3, per l’Atalanta, purtroppo valevole solo come ulteriore presa per il culo da parte della dea Eupalla (brerismo).
La partita di Serie A con più gol fece scalpore. All’epoca non c’erano i tre punti, di gol ne giravano pochi perchè il pareggio, soprattutto per le piccole, era una mezza vittoria, e quindi si attrezzavano per fare 0-0 contro le grandi e le medie. Da atalantinomilanista non sapevo cosa pensare, il 9-3 mi sembrava smisurato, da qualsiasi punto del mio orizzonte rossoneroazzurro lo guardassi. E infatti quella misura non venne più raggiunta, nonostante i tre punti, gli stranieri, gli sponsor, la TV a colori, il calcioshowbusiness 24orealgiorno 7giorniallasettimana, i fiumi di soldi e i mari di debiti, i calciatori diventati i nuovi veri palloni gonfiati. Una grande abbuffata che mise in crisi anche le mie partite in solitaria, A contro B, non potevano avere così tanti gol, sarebbero state inverosimili, e poi avrei passato troppo tempo ad esultare, e poi mi avrebbero preso per matto, e poi come avrei fatto a non perdere il conto? Dubbi amletici (e dàga…) di una giornata particolare: certi giorni sono come certe notti, si può restare soli, in un corner, in compagnia di 12 incredibili gol. Troppi? Sarà, forse è vero che chi si accontenta gode così così. Parliamone, ci vediamo da Mario, prima o poi.
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