Teologo non allineato, docente in università non ecclesiastiche, fautore di una spiritualità ecumenica universale, Vito Mancuso inaugura la sezione “Dopo la morte. L’aldilà nelle parole dei tre monoteismi.” con la lezione “La ricerca dell’oltre: illusioni e legittimità” il 21 settembre alle 20.45 presso la Chiesa di Loreto.
Si parte dalla domanda di Kant che la scienza non può evadere: che cosa è lecito sperare? Il Prometeo incatenato (Eschilo) confessa di aver portato agli uomini, insieme al fuoco, “cieche speranze”: ci è lecito sperare in questa e altre tecniche di fronte all’inesorabilità del “destino di morte che avvolge i mortali”? Non siamo su un pianeta che ruota alla velocità di 1700 chilometri all’ora, mentre gira a 100 mila chilometri attorno al sole, la nostra stella, per noi fonte di luce e calore ma destinata a finire tra dieci miliardi di anni?
L’uomo si pone domande sul senso della vita, sulla coscienza, sul bene, sulla morte, sull’amore, sulla bellezza: “Perché il mondo è così bello”? dice il dottor Zivago a Lara. O forse è inutile e meglio sarebbe concentrarsi su domande meno ambiziose? Tra quelle radicali c’è la domanda sull’Oltre. Molti filosofi e pensatori hanno tentato di rispondere e qualcuno l’ha fatto con la sua esperienza.
Sant’Agostino
Compie una ricerca di Dio attraverso la memoria, ricuperando immagini e sensazioni del passato, nello spazio interiore dove ci sono i principi primi del sapere e le istanze di vita e di attesa di felicità, come il lattante trova sazietà nel seno materno. “L’enorme palazzo della memoria contiene il cielo, la terra, il mare insieme a sensazioni, azioni, eventi, speranze sperimentate e udite”. Eppure non riusciamo a comprendere ciò che siamo: “Gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti e le onde enormi del mare ma trascurano se stessi”. Ne parlano perché le hanno viste ma le serbano nello scrigno della memoria. “Io la supererò per protendermi a Te, mio Dio; memoria prodigiosa e sono io. Cosa sono dunque, Dio mio?” (Confessioni, X).
Spinoza (Etica V)
Geometra della ragione, considerato libertino e dissacratore della religione ebraica, colpito perciò da scomunica e minacciato di morte, guarda all’oltre. La conoscenza non è solo data dalla sensazione o espressa nel ragionamento. Vive nell’intuizione che dà il senso della vita. “La mente non può essere distrutta col corpo ma è qualcosa di esterno. Sentiamo e sperimentiamo di essere eterni”. Siamo parte della natura; comprendiamo e desideriamo il necessario e nel vero troviamo soddisfazione. “Lo sforzo della parte migliore di noi si accorda con l’ordine della natura”, accordo che è religio o spiritualità, letizia, quiete, pace interiore.
Kant
Ci riporta al “tu devi” della legge morale: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me” (Critica della Ragion pratica, conclusione). La legge morale ci emancipa dalla condizione di animalità e dalla schiavitù delle sensazioni e degli istinti, “con essa risalta l’io invisibile in grado di penetrare la connessione universale dei mondi e delle cose e innalza il mio valore e la mia personalità”. E vien da pensare all’esempio del giudice Levatino che, incurante di minacce di morte, persegue il suo compito. Solo – “mi uccideranno anche con la scorta” – resta fedele alla scelta e testimonia il desiderio di una vita diversa.
W. Karl Heisenberg (Fisica e oltre)
Padre della meccanica quantistica e teorico del principio di indeterminazione, considera la ristrettezza dell’ordine prospettato dalla fisica classica. Credente alla sua maniera sente la necessità di una spiegazione ulteriore, un centro nuovo, un ulteriore definitivo accordo. Racconta di una sera, mentre le ombre si allungavano davanti alla luna, di una ragazza che suonava la Ciaccona al violino di Bach: “Nel silenzio, ai primi accordi, seppi di aver trovato quel centro che mancava, gigantesche strutture fino allora nascoste”. E’ la chiave dell’assoluto che la scienza non può raggiungere o forse è riservata all’lo dell’intuizione artistica che va più dentro e oltre.
Etty Hillesum
Laureata in giurisprudenza, accanita lettrice di Dostoevskij e Agostino, morta ad Auschwitz a 29 anni. Decise di condividere la condizione degli altri ebrei senza cercare condizioni di privilegio o prospettate vie di fuga. Il Diario, le Lettere rivelano la sua personalità luminosa, la costante ascesa verso la luce e i valori assoluti. “Sento di essere tutt’uno con la vita. Non sono io individualmente a valere, a volere questo o quello. La vita è grande, è buona ed eterna. Se tu dai tanta importanza a te stesso, ti agiti, fai chiasso, allora ti sfugge quell’eterna corrente che è la vita“. (12 dicembre 1941). Quasi alla fine: “Dio, morte, dolore, eternità, parole da dimenticare. Dobbiamo diventare senza parole come pioggia che cade, grano che cresce: si deve semplicemente essere.” La sua testimonianza dell’oltre è testimonianza di grazia.