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Quando apparve la Scapigliatura, movimento culturale di artisti, l’Italia era fatta. Si era passati dagli entusiasmi del ’48, alle mediazioni politiche di Cavour; dalle libertà repubblicane di Mazzini alle vittorie sul campo di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi. Il luogo caldo di progetti e di scontri era stata la pianura padana. Poi erano avvenute l’annessione del Veneto e la presa di Roma (1870). Cambiò la geografia politica della Penisola. In un primo tempo sembrò una voglia espansionistica del Piemonte, ma presto si trasformò in Patria per tutti gli italiani.

Fatta l’Italia si dovevano fare gli Italiani. Letterati, artisti, musicisti, intellettuali si lanciarono in questa avventura morale. Pensiamo anche solo a Manzoni. La pittura fece la sua parte. Raffigurò momenti storici, soldati in marcia, scontri, assalti, eroi o miti del passato glorioso. Presto l’entusiasmo a contatto con i problemi quotidiani si trasformò in delusione. I padri si sistemarono, i figli si fecero inquieti e non si ritrovarono negli stessi ideali.

La Scapigliatura nasce da qui. Si tratta di una manciata di personaggi i cui nomi significativi sono Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni, Giuseppe Grandi, tutti presenti nella mostra allestita (LOCANDINA) fino al 10 gennaio 2021 al Palazzo delle Paure, sulla piazza principale di Lecco.  Cosa ritraggono nei loro quadri? I temi sembrano presi dal quotidiano, un quotidiano borghese s’intende. L’alta borghesia restava la committenza e il soggetto. La signora dalla terrazza della sua villa guarda al lago davanti a Luino. L’istitutrice pone una mano sulla spalla della fanciulla, tenendo con l’altra un libro aperto e la incoraggia a ripassare la lezione. La signora dal vestito con maniche e colletto vellutato cerca un’intesa con noi che la guardiamo per condividere una benevolenza che si acquista invecchiando. Una splendida giovane donna si appoggia al muretto oltre il quale si profila il mare. Due ragazze sono abbracciate affettuosamente: una ha appoggiato il capo sulla spalla dell’altra che la consola. Il ragazzetto posa orgogliosamente tenendo al guinzaglio un setter che quasi lo sovrasta. La signora in costume tradizionale sorride divertita come rispondendo con moto spontaneo ad una piacevole sorpresa.

Sembrano istantanee fotografiche, spezzoni di vita. Non più i ritratti a cui eravamo abituati dal Moroni in poi, volti a sottolineare il carattere, la personalità, la volontà dell’individuo. Nei dipinti degli scapigliati c’è il paesaggio, c’è la natura, ci sono macchie di fiori, ma questi sono in funzione di uno stato d’animo. Il contesto non è più pretesto per dimostrare un’abilità di disegno o la cura manieristica, ma accentua il sentimento. I personaggi sono in atteggiamenti languidi, quasi sdolcinati, e ci portano altrove. Non del presente ci parlano ma di qualcosa che c’è stato o ci potrà essere, di nostalgie o di progetti.

Nella Scapigliatura il racconto è frivolo, secondario. Lo sfondo è sfumato, in dissolvenza, qualcosa di indefinito, come riflessi della luce sull’acqua. Richiama la penombra. Serpeggia un senso di inquietudine. Tanto più se pensiamo che siamo nell’epoca dello splendore della scienza e della tecnica, in tempo di positivismo. Gli scapigliati restano nella quotidianità ed esprimono sentimenti, stati d’animo, sensazioni indefinite.

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